FRANCESCO CHIUDE LA PORTA DELLA MISERICORDIA. Il “confessore del Papa” ripercorre le parabole evangeliche con cui conforta i peccatori

Mario Minniti (1577 – 1640), Il miracolo della vedova di Nain, Messina, Italia
Mario Minniti (1577 – 1640), Il miracolo della vedova di Nain, Messina, Italia

Ci sono alcune parabole che a me piacciono molto e che non mi stanco di citare per il grande messaggio che contengono. Ed ogni volta che alludo ad esse continuo ad immaginarle nel loro svolgimento. Sono così umane che dà gusto addentrarsi nei dettagli.

Ho nel confessionale l’immagine di Rembrandt del Figliol Prodigo e l’ho ritagliata e messa sulla parete, a portata di sguardo di chi viene a confessarsi. Io mostro spesso questa scena, questo quadro che rappresenta l’abbraccio del Padre al figlio che ritorna. Il particolare forse più importante di questo straordinario dipinto sono le mani del Padre misericordioso; se le si osservano attentamente possiamo notare che non sono identiche; una mano, quella di sinistra, è maschile l’altra è femminile a significare che la misericordia racchiude in sé la natura del padre e della madre. Il padre è cieco, come se il suo sguardo fosse stato consumato dall’attesa del ritorno del figlio. Per il padre non c’è altro che il figlio; quello che ha attorno, che emerge dall’oscurità, partecipa della sua tensione amorosa verso il figlio senza occupare la scena. La barba del padre non è curata, come se l’attesa del ritorno mettesse in secondo piano le incombenze personali solite.

Quando noto una certa ritrosia in chi viene a confessarsi, un certo timore per averla “fatta grossa” e il retropensiero che si può presumere nella sua testa è: “Ma Dio mi perdonerà?”. Io dico loro: “Guarda lì! Dio ti abbraccia come quel padre, Dio ti vuole bene, Dio ti ama, Dio cammina con te, Dio è venuto a perdonare, non a castigare, ha lasciato il cielo per stare con noi. Fino alla fine dei giorni. Come possiamo avere paura che non ci perdoni!”.

Altre volte, quando sono stanco di parlare, dico: “Guarda questo padre come abbraccia il figlio, questo figlio che se n’è andato, che l’ha tradito e ritorna perché ha sperimentato il fallimento dei suoi propositi. Guarda le due mani, le due mani appoggiate sulla spalla del figlio che torna, e il petto che tocca la fronte del figlio… Come non ti abbraccerà Dio che è infinita misericordia?”. L’immagine è così persuasiva che quasi sempre chi la guarda ne capisce il senso e si sente confortato.

Mi sembra che dietro il modo di ragionare di chi si ritrae o dubita della misericordia di Dio ci sia un difetto di conoscenza, un’idea sbagliata su Dio padre. Non mi riferisco tanto a chi ha di Dio l’idea “teologica” del giudice che emette norme e vigila sulla loro trasgressione – impone dazi direbbe il Papa -  ma a quel senso comune più popolare e inarticolato in concetti che si considera fuori della portata della misericordia di Dio per tante ragioni pratiche.

Un’altra parabola che mi piace molto è quella di Zaccheo. Zaccheo corre, – non cammina – si arrampica sul fico o quel che era, e Gesù nota quel comportamento e si ferma. Anche qui è bello lasciarsi portare dall’immaginazione. Zaccheo per fare quello che ha fatto doveva essere piccolo e agile. Come sarà stato lo sguardo di Gesù rivolto leggermente all’insù all’incontrare quello di Zaccheo rivolto verso il basso perché gli dica: Zaccheo scendi subito perché oggi vengo come ospite a casa tua. E lui scende in fretta, come in fretta si era arrampicato, prende la via di casa e precede Gesù, va a preparare la sua casa per riceverlo. Me lo immagino allegro e sorpreso, un mix di felicità per quell’attenzione inaspettata e di stupore che sia toccato a lui. Mi immagino con che dolcezza, con che amore Gesù abbia guardato Zaccheo perché Zaccheo si sia sentito calamitato da quello sguardo. Zaccheo si sente mosso dallo sguardo di Gesù, è come se solo lui fosse stato raggiunto tra tanti.

Le conseguenze sono enormi. C’era del pubblico che osservava la scena, non sappiamo quanto ma Gesù riscuoteva in quel momento una certa attenzione; e questi spettatori, alcuni di loro, probabilmente si stavano chiedendo dentro di se come si sarebbe comportato quell’esattore raggiunto da quello sguardo. Ed hanno la risposta dal comportamento successivo di Zaccheo, uno visto di malocchio, che forse riceveva bustarelle ed era corrotto. Ci sono poi le conseguenze personali, quello che avviene in Zaccheo, e tra lui e Gesù. Zaccheo che dichiara di voler restituire quello di cui si è appropriato ingiustamente e di voler rendere quattro volte di più a chi fosse stato danneggiato in qualche modo dal suo comportamento. I gesti di Matteo sintetizzano tutto, la conversione, il desiderio di cambiare, l’inizio del cambiamento, l’affacciarsi di un nuovo comportamento pubblico, una nuova misura di giustizia come dicevamo pocanzi. Mi sembra straordinario l’atteggiamento di Zaccheo che inizia a cambiare, assume un nuovo orientamento interiore e quindi una nuova direzione di cammino. Contro questo suo atteggiamento si infrangono, ma non si placano le critiche di chi accusa Gesù di essere in combutta con i pubblicani. Gesù ne approfitta per ripetere qual è la sua missione, di essere stato mandato a cercare i peccatori non i giusti, perché i giusti non esistono, l’unico giusto è Dio.

C’è un’altra parabola a cui ricorro spesso nel confessionale, quella di Maria Maddalena. Con quella bottiglietta di alabastro prezioso in mano, che le deve essere costato caro. Lei si inginocchia, lo fa silenziosamente, piange sui piedi di Gesù, ma non è dolore pentito, è amore quello che la spinge ad avvicinarsi a quell’uomo. Ed è quello che Gesù sottolinea, perché dice a chi lo aveva invitato a casa: tu non mi hai lavato i piedi, non mi hai dato l’acqua, non mi hai baciato, e lei lo fa, mi sta lavando i piedi con le sue lacrime e me li sta asciugando con i suoi capelli.

Gesù vede quello che i padroni di casa non vedono. Per loro Maria Maddalena è una donna e per giunta peccatrice notoria che si avvicina a Gesù che oltre ad essere il personaggio del momento ha fama di profeta. E proprio questo suo potere divinatorio lo dovrebbe abilitare ai loro occhi a conoscere meglio di altri che quella donna era veramente una peccatrice; in forza di questa sua conoscenza superiore di profeta si aspettano Gesù che si comporti di conseguenza. Cioè che la tenga a distanza. Ma Gesù non agisce così, come si aspettavano, come, in fondo, avrebbero preferito. Lui vede più in profondità, vede il cuore di questa donna, il suo pentimento, il suo amore. Come dice il capitolo 16 di Samuele noi giudichiamo per l’apparenza, Dio guarda il cuore. Credo che tra lo sguardo di Gesù e quello del fariseo ci sia un abisso, il secondo arriva dove può, cioè resta in superficie, Gesù vede tutto, va sino al fondo. E a questo punto anch’io invito chi ho davanti a lasciarsi penetrare dallo sguardo di Gesù perché inizi un cambiamento profondo a partire da una fiducia senza limiti nella misericordia di Dio. Perché Gesù è venuto a perdonare, ad abbracciare, a camminare con noi, a sostenerci ed a lenire le nostre ferite.

Come ha fatto con la vedova di Nain, che stava accompagnando al cimitero il figlio morto. Forse c’erano solo lei e qualche familiare stretto dietro al feretro, forse c’era più gente, degli amici impietositi dal suo dolore di madre. Gesù intercetta il corteo mesto e a un certo punto le dice: “Donna non piangere!”. Come si può dire una cosa così ad una donna che ha perso il figlio ed essendo vedova ha perso anche la risorsa principale su cui poteva appoggiare il resto della sua vita! Sono parole di una misericordia sconfinata. Mi ricorda una donna che ho confessato che aveva perso tre gravidanze, l’ultima di sette mesi. Le ho detto tante cose, che lei aveva perso un figlio che stava per nascere e che Maria la madre di Gesù aveva perso il suo unico figlio già grande; le ho detto di unirsi alla Madonna nel dolore. La donna piangeva e piangeva e io, contagiato dalla sua commozione, le ho detto quello che mi è venuto fuori in quel momento in cui le parole vengono a meno e faticano ad uscire: vai nella cappella della Madonna e lì afferrati al piede della Madre, al piede metallico, e gli dici da parte mia che come lei tu durante la tua vita vuoi tenere un figlio tra le braccia, e le dici che lo offrirai a lei. La donna mi ha guardato con gli occhi spalancati, abbiamo pregato assieme, le ho dato la benedizione ed è andata su nel camerino della Vergine Maria. Ho visto solo che è rimasta a lungo, piangendo ai piedi della Madonna. In quel momento il suo dolore è cambiato, la sua vita è cambiata.

Nel mio repertorio di confessore uso molto anche la scena del ladro pentito che ci tramandano i vangeli. Lì c’è tutta la misericordia di Dio, tracimante, redentrice. “Viscerale”. Non c’è nel Vangelo e i biblisti mi perdonino ma io immagino che Gesù con uno sforzo supremo e, considerata la posizione, doloroso, abbia girato la testa verso il delinquente di fianco a lui, e il ladro che si sia incontrato con gli occhi della misericordia. Lì il ladrone – pur inchiodato come Gesù – si muove e gli dice quello che i vangeli ci tramandano. Ricordati di me quando sarai nel tuo regno. E la risposta di Gesù che conosciamo.

È Dio che smuove il cuore di quel delinquente dell’epoca castigato in quel modo estremo e crudele. Il primo passo anche qui lo fa Dio, lo sguardo di Dio in Cristo sul condannato a morte. Uno dei due giustiziati lo insulta, ma l’altro riconosce dentro di se che Cristo non è colpevole, che soffre come lui ma da innocente ed è quello che dice di essere: il Figlio di Dio. E Dio legge nel suo cuore, vede che c’è sincerità, che c’è pentimento e abbandono, sa della sua vita passata nel male, ma fa leva su quella invocazione che il ladrone gli rivolge. La risposta di Gesù – “Oggi starai con me in Paradiso” – è l’espressione di una misericordia soprannaturale, divina, che ha effetti in questo mondo senza essere di questo mondo.

Lo sguardo di Gesù, come ha cambiato il comportamento di Pietro, della vedova di Nain, di Zaccheo e di Maria Maddalena ha cambiato l’atteggiamento profondo del ladrone e l’ha reso degno del cielo.

Ai penitenti più scetticamente pervicaci, afflitti da un particolare disanimo, presento la situazione di un’altra donna dei vangeli che a me piace molto: l’adultera. Una donna che la morale e i portatori della morale del suo tempo condannano e vogliono prendere a sassate come si usava fare. C’è da considerare tra l’altro che trascinano a giudizio quella donna; ma la donna non ha peccato da sola. E l’uomo dov’è? Qual è stata la sua sorte? La legge valeva per entrambi ma lì infierisce solo su una.

Gesù osserva in silenzio la scena. Ascolta misericordiando direbbe il Papa. Scrive qualcosa sulla polvere del suolo. Poi quando la situazione si placa un po e aspettano qualcosa da lui si alza, guarda chi ha attorno e dice: “Chi non ha mai peccato scagli la prima pietra”. Cosa ha fatto Gesù? Non ha invocato attenuanti e anziché guardare ad aspetti esteriori ha fatto appello alla coscienza di ciascuno individualmente preso.

Da: Padre Luis Dri, con Andrea Tornielli e Alver Metalli, “NON AVER PAURA DI PERDONARE», Rai-Eri, ottobre 2016

Torna alla Home Page