La stampa locale brasiliana informa che la causa di beatificazione dell’amato arcivescovo di Recife, Dom Hélder Câmara (Fortaleza, 7 febbraio 1909 – Recife, 27 agosto 1999) ha ricevuto in Vaticano un primo parere favorevole aprendo così la strada verso la beatificazione. Dopo tutte le necessarie adempienze, nel 2014, l’arcivescovo di Olinda e Recife, Dom Fernando Saburido, consegnò alla Congregazione delle Cause dei santi tutta la documentazione necessaria con una richiesta di Nihil Obstat. In una lettera all’arcivescovo di Olinda e Recife il cardinale Prefetto Angelo Amato, lo scorso 16 febbraio, in merito allo stato del processo di beatificazione del Servo di Dio Dom Hélder comunica di aver ricevuto, nel mese di giugno 2014, la richiesta di Nihil Obstat per dare inizio alla causa a livello diocesano e dunque “di essere in attesa del parere di differenti Dicasteri per avanzare nel processo di beatificazione di questo Servo di Dio”.
Dom Hélder – così veniva chiamato da tutti quanti il piccolo e fragile sacerdote molto amato e famoso in tutta l’America Latina – è nato nel 1909 in una modesta famiglia di cui lui era l’undicesimo di 13 figli. Entrò in seminario molto presto e venne ordinato sacerdote quando aveva 22 anni (15 agosto 1931). Per cinque anni fu molto vicino a istituzioni e associazioni religiose e laicali conservatrici e a volte di segno integralista. Si tratta di un periodo della sua vita che lo stesso Dom Hélder ritenne un “errore di gioventù, frutto di passioni e non di ragionamenti”.
La svolta comincia a Rio de Janeiro, città dove Pio XII lo nominò vescovo ausiliare il 3 marzo 1952 (aveva 43 anni) ricevendo l’ordinazione episcopale il 20 aprile 1952. Qui, come lo ricorderà spesso lui stesso, il neo vescovo “scopre non tanto la povertà, quanto i poveri”. Da questo “incontro con poveri”, come racconterà più tardi, nasce l’idea della Banca della Provvidenza di San Sebastiano, che assisteva, appunto, poveri, emarginati, scartati. A Rio, allora capitale del Brasile, organizzò il 36º Congresso Eucaristico Internazionale e la Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB), della quale fu attivissimo segretario generale. Prese parte al Concilio Vaticano II offrendo notevoli contributi nell’ambito della promozione umana e dopo, in America Latina, le sue riflessioni teologiche pastorali furono decisive per la definizione dell’opzione preferenziale per i poveri.
Fu nominato arcivescovo di Olinda e Recife il 12 marzo 1964, da Paolo VI, diciannove giorni prima dell’atroce colpo militare brasiliano che cambiò in peggio per almeno due decenni il volto dell’intera regione latinoamericana. La reazione del neo arcivescovo fu perentoria e decisa: esprimere pubblicamene un forte sostegno all’Azione Cattolica diocesana che aveva condannato il golpe e ciò, ovviamene, gli valse da subito l’accusa di “comunista, demagogo e libertino” da parte delle nuove autorità militari. Il governatore locale vietò a Dom Hélder di parlare in pubblico, al di fuori delle mura della chiesa, e ogni volta che predicava le sue omelie erano registrate spudoratamente dalla polizia politica che si sistemava con il registratore ben visibile nelle vicinanze dell’arcivescovo. A questo punto Don Hélder scelse una nuova via: scrivere e fare conferenze all’estero. Pubblicò 23 libri tradotti in oltre 20 lingue. Prese parte a decine di incontri e conferenze in giro per il mondo e nel 1970, a Parigi, ebbe il grande coraggio di denunciare l’uso sistematico della tortura nel suo Paese così come l’esistenza di migliaia di prigionieri politici, molti dei quali rinchiusi nell’anonimato.
Lasciò la diocesi il 2 aprile 1985, per raggiunti limiti di età continuando a vivere nella casa popolare in cui si era trasferito all’inizio del suo ministero episcopale, a Recife, fino alla morte avvenuta il 27 agosto 1999 quando aveva 90 anni.
Don Hélder scrisse oltre duemila brevi pensieri poetici, tra cui:
- Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista.
- Se non hai una tavola da gettare in acqua, sii tu stesso una tavola vivente per i naufraghi, tuoi fratelli
- Se uno sogna da solo, il suo rimane un sogno; se il sogno è fatto insieme ad altri, esso è già l’inizio della realtà.
- Felice è colui che comprende che è necessario rinnovarsi molto, per essere sempre lo stesso.
- Sono anche sicuro che certi passaggi del Vangelo sarebbero censurati, per esempio quel canto rivoluzionario che è il Magnificat. È inquietante, il Magnificat, è grave, è agitatorio! È contro l’ordine stabilito dei ricchi e dei potenti.
- Senza umiltà e senza amore non si fa nemmeno un passo sul cammino del Signore. È con le piccole cose che Cristo fa grandi cose. Senza umiltà, si guarda in basso dall’alto della propria perfezione e non si capiscono, non si immaginano nemmeno le meraviglie che Cristo ricava dalla debolezza umana: e ciò è ridicolo.
- Bisogna amare le piccole umiliazioni. Una piccola umiliazione, per esempio, è quando ci si applica a un lavoro con tutta la propria cura, tutta la propria intelligenza, tutto il proprio amore e questo lavoro viene accolto con indifferenza, freddamente, come se non vi si fosse messo tutto il cuore. Succede. Il Signore mi ha fatto scoprire che non si giunge alla vera umiltà senza grandi umiliazioni, umiliazioni di prima grandezza.