TRUMP RICOSTRUISCE IL MURO DEI CARAIBI. Retromarcia su quasi tutta la linea. Un messaggio al Papa e un condizionamento anche alla successione di Raúl Castro

Il  memorandum della nuova politica verso Cuba (Cristobal Herrera EFE)
Il memorandum della nuova politica verso Cuba (Cristobal Herrera EFE)

I mattoni del muro dei caraibi che avevano cominciato a sgretolarsi con il disgelo avviato da Obama e Castro con la mediazione di Papa Francisco tornano uno ad uno al loro posto. A riportarceli è il gran muratore Donald Trump trenta mesi dopo l’inizio dello storico disgelo di dicembre 2014. Le nuove linee raccolte sotto il titolo pomposo di “Memorandum presidenziale di Sicurezza Nazionale sul rafforzamento della politica degli Stati Uniti verso Cuba” impartiscono direttive per limitare i viaggi all’Isola, regoleranno in senso fortemente restrittivo il flusso commerciale con la corporazione militare legata al governo cubano che controlla vasti settori dell’economia di stato, subordinerà ogni nuova “concessione” in future trattative ad un’analoga e comprovata apertura di parte cubana su temi sensibili come il ristabilimento della democrazia e il rispetto dei diritti umani. Nella sostanza l’orologio dei rapporti tra l’amministrazione americana e l’indocile vicino del cortile di casa tornano indietro di mezzo secolo, anche se lo smantellamento delle misure decretate da Obama e dai suoi consiglieri per l’America Latina non è totale. Resta funzionante l’ambasciata statunitense all’Avana “per futuri negoziati nella linea auspicata”, le rimesse dell’emigrazione cubana per il momento non vengono toccate, i voli commerciali e il traffico turistico delle compagnie di crociera non sono vietati come pure non subisce modificazioni la legge conosciuta come dei “piedi asciutti” (“dry foot”) e “piedi bagnati” (“wet foot”), che consente ai cubani che riescono a mettere piede in territorio statunitense di acquisire la residenza permanente in un solo anno e chiedere la cittadinanza dopo sei mesi, mentre coloro che vengono fermati in mare dalla Guardia Costiera vengono rimandati a Cuba. Ma la sostanza della direttiva presidenziale annunciata da Trump in Florida è la restaurazione della vecchia politica statunitense verso Cuba con relativa retorica anticomunista. E detta le condizioni per l’improbabile – almeno a breve termine – ripresa del dialogo con il regime di Raúl Castro all’insegna della «libertà di espressione, partiti politici liberi ed elezioni monitorate dagli organismi internazionali».

La stretta” di Trump è andata oltre le previsioni del cardinal Jaime Ortega, arcivescovo emerito di l’Avana e protagonista dietro le scene della triangolazione Obama-Papa-Castro. In maggio, in una intervista al quotidiano spagnolo ABC rilasciata alla vigilia della presentazione dell’atteso libro sulle trattative Stati Uniti-Cuba e il ruolo di Papa Francesco Ortega rispose di non credere “in una deroga totale degli accordi” e di considerare “irreversibili certi passi”. La portata della revisione che si veniva annunciando, per il cardinale di l’Avana poteva arrivare a riproporre il tema dei diritti umani nell’ottica tradizionale o riproporre la rivendicazione tipica di taluni settori dell’emigrazione cubana della Florida che reclamano il possesso di proprietà espropriate o di una adeguata indennizzazione ma pur sempre nella sostanziale “non rottura” della direzione di marcia stabilita da Barack Obama e Raúl Castro. Ma la “revisione di Trump è andata oltre. E avrà ricadute sui cambiamenti interni a Cuba.

Non è difficile prevedere che il colpo di freno avrà conseguenze pesanti sul ricambio politico interno che verrà messo in movimento dalle dimissioni di Raúl Castro nel febbraio 2018. Anche nelle reazioni cubane della prima ora, pur con un richiamo a non chiudere le porte di un negoziato ben visto dalla comunità internazionale, torna già il vecchio riflesso di chiusura davanti allo storico nemico con il suo armamentario ideologico da guerra fredda. Trump è ossigeno per i settori che hanno perso potere negli ultimi anni che adesso, nelle assise dove si stava preparando il ricambio della gerontocrazia storica – Consiglio di Stato in primis – daranno filo da torcere.

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