Gli Stati Uniti esportano criminalità. L’accusa la lancia il segretario della Presidenza di El Salvador Eugenio Chicas che vincola strettamente le espulsioni di salvadoregni dagli USA alla crescita della criminalità nel Salvador. “Nel 1996 gli Stati Uniti decidono di scarcerare criminali che avevano incarcerato e li deportano nel Salvador senza neppure accompagnare il trasferimento con un prontuario criminale che potesse darci una idea di chi stessimo ricevendo”.
Il funzionario del governo del presidente Sánchez Cerén attribuisce agli Stati Uniti l’enorme responsabilità dell’incremento degli indici di criminalità che affliggono il piccolo paese centroamericano. “Hanno cominciato a deportare persone che avevano commesso reati negli Stati Uniti senza processarli lì; li mettevano su un aereo e li mandavano a El Salvador” accusa il politico un tempo militante dell’ex movimento guerrigliero FMLN oggi al governo. “Molti emigrati salvadoregni hanno preso la strada delle bande una volta negli Stati Uniti, nelle strade di Los Ángeles, California, dove sono nate le pandillas. Vengono poi rispediti in Salvador, dove continuano quello che hanno imparato”.
Il funzionario ha anche offerto la sua spiegazione al grande aumento di omicidi che si è verificato nel mese di agosto, che ha superato i 700, una media di 28 salvadoregni assassinati ogni giorno. Una quantità senza precedenti nella storia del paese che supera quello che pure si riteneva un record, giugno, con 677 omicidi registrati dall’Istituto di Medicina legale di San Salvador. “Il governo ha saputo che il 13 agosto il gruppo MS (Marra Salvatrucha) ha deciso di attaccare i propri rivali” ha dichiarato Chicas, “e questo spiega l’aumento degli omicidi”.