I DUE CHAVISMI. Quello “madurista” è calante, l’antimadurista crescente. E si potrebbe alleare con l’opposizione nella difesa della Costituzione vigente contro quella che vuole imporre Maduro.

Nicolás Maduro davanti ad una delle tante gigantografie di Hugo Chávez.
Nicolás Maduro davanti ad una delle tante gigantografie di Hugo Chávez.

Esistono due chavismi: il chavismo madurista e il chavismo antimadurista. Il primo è una tendenza in calo, il secondo è in aumento ed è apparso prima della grande vittoria ottenuta dall’opposizione il 6 dicembre 2015. Originariamente la tendenza critica era interna al madurismo però presto sono apparse altre correnti critiche più indipendenti dal tronco comune. Parallelamente, vecchie e conosciute figure, soprattutto ex ministri fedeli al chavismo originario, hanno cominciato a manifestare pubblicamente delle differenze con il modo e la forma di condurre gli affari di Governo (Giorgani, Navarro, a altri). Le più conosciute sono state le dissidenze di ex alti ufficiali delle Forze Armate Nazionali Bolivariane (FANB), da Baduel a Cliver Alcalà. Sono molti. E sono stati oggetto di dure repressioni. Maduro però non è riuscito a zittirli, probabilmente non sono soli dentro le FANB.

Sarebbe lungo e complicato tentare una radiografia delle rotture prodottesi all’interno del blocco del chavismo. Meno difficile è precisare le ragioni che stanno portando alla sua frantumazione. Una delle quali risiede nella figura del successore. Maduro è molto lontano dall’essere un leader carismatico, tutto il contrario; la sua persona genera anticorpi dovunque vada. La sua alleanza con Diosdado Cabello, l’uomo più odiato del Venezuela (chavisti compresi), ha finito per deteriorare ancora di più la sua immagine politica, se pure ne ha avuta una.

La seconda ragione delle fratture è obiettiva: dipende dalla grande crisi economica, carestie incluse, che affligge tutto il Venezuela. Il cosiddetto popolo chavista addita in Maduro e il suo gruppo i grandi colpevoli. Così si è generata una domanda di conduzione politica solo in parte capitalizzata dall’opposizione.

C’è un altro gruppo che, non seguendo Maduro, mantiene una certa fedeltà religiosa al defunto presidente. Per i chavisti-antimaduristi, questi settori rappresentano una possibilità di reinserimento futuro del chavismo nella politica, qualcosa di simile a ciò che sta accadendo con il peronismo in Argentina, dopo Peron.

In queste condizioni non sono pochi i chavisti che si pongono domande sul futuro, tanto personale come nazionale. Di conseguenza, le dissidenze all’interno del chavismo equivalgono in gran misura a una strategia di sopravvivenza. Non è sbagliato supporre che alcuni chavisti stiano preparando le condizioni per un’azione politica nel periodo posteriore a Maduro. È stato lo stesso Maduro che al tentare di distruggere la Costituzione del 1999 –la Costituzione di Chávez- attraverso un progetto corporativo-fascista (castrista dicono altri: è lo stesso), ha finito per accelerare il processo di decomposizione interna del chavismo. Tra le sue file emergono voci che chiedono elezioni (e che finiranno per seppellire Maduro).

La posizione strettamente costituzionale assunta dal magistrato Luisa Ortega Diaz è sicuramente la punta di un iceberg profondo. Antichi chavisti come la dubbiosa Maripili Hernàndez e i magistrati del Tribunale Supremo di Giustizia Antonio Mojica Monsalve e Marisela Godoy, si sono uniti al chavismo costituzionalista (bisogna chiamarlo in qualche modo) denunciando l’incostituzionalità della Costituente proposta dal madurismo. Non saranno gli ultimi. Hanno fatto proprie le parole di Chávez, ignorate da Maduro: “non si può cambiare una virgola, una sillaba della Costituzione, senza consultare il popolo”. E tutti, bene o male, si trovano davanti alla stessa domanda: come evitare che lo sfacelo del madurismo si trasformi in quello di tutto il chavismo? La risposta dei gruppi dissidenti, nonostante le differenze tra di loro, sembra essere una sola: è necessario separare il “chavismo vero” dal madurismo.

Per ostentare un proprio autonomo profilo politico i chavisti antimaduristi hanno bisogno di marcare alcune differenze con l’opposizione. D’altro canto, se non sono ingenui, sanno che la difesa della Costituzione non può avere luogo senza la partecipazione di questa stessa opposizione. Allo stesso tempo l’opposizione, nonostante rifiuti il culto di Chávez, così tipico del chavismo antimadurista, sa che le rotture interne del regime sono sintomi che annunciano il suo tramonto. Ancora più importanti se si tiene conto che in tutti i processi antidittattoriali gli apparati militari che sostentano il regime tendono a dividersi solo dopo di una divisione degli apparati civili. Non è mai accaduto il contrario.

Di certo la lettura del processo storico venezuelano di ciascuna opposizione è molto differente una dall’altra. Anche opposta. Ma poiché i suoi rappresentanti sono politici, sanno che questo non è il momento adatto per iniziare una discussione accademica su quando il Venezuela abbia imboccato la strada della rovina (se con Chávez o Maduro).

L’opposizione antichavista e il chavismo antimadurista hanno bisogno l’uno dell’altro. Ma un’alleanza tra il chavismo antimadurista e l’opposizione democratica è qualcosa di molto complicato per il momento. Se lo si pensa bene, non è neppure necessaria. L’importante è che, attraverso differenti cammini, riescano a convergere in un solo punto. Questo punto lo ha segnato lo stesso Maduro. Questo punto è la difesa della Costituzione. Se coordinano le forze solo su questo punto (non ne è necessario nessun’altro) tanto l’opposizione interna come quella esterna, avranno prestato un enorme servizio al paese che abitano entrambi.

“Tra zingari non ci leggiamo il futuro”, dice il detto. Tra politici neppure, si potrebbe aggiungere. Per questa ragione le due opposizioni dovranno dialogare, se è che ancora non l’hanno fatto. Questo e non altro è il vero – e forse unico – dialogo di cui ha bisogno il Venezuela. Un dialogo tra politici costituzionalisti che divergono in tutto meno che nella difesa di questa Costituzione che gli permette di unirsi e dividersi tra loro. O, in altri termini: se questa convergenza minima si desse sulla base di un fronte unico, per quanto provvisorio, la Costituzione chavista del 1999, approvata dall’opposizione nel 2007, sarebbe a salvo. Julio Borges lo capito molto bene quando ha lanciato questo appello: l’Assemblea Nazionale apre i suoi spazi alla creazione del Fronte per la Costituzione che riunisce tutti i settori della società: lavoratori, studenti, sindacati professionali, imprenditori, professionisti.

Dentro la Costituzione tutto, fuori della Costituzione niente. Questo potrebbe essere lo slogan silenzioso del processo che porterà, più presto che tardi, alla formazione di questo fronte costituzionale proposto dal presidente della Assemblea Nazionale.

*Polis

Traduzione dallo spagnolo di Silvia Pizio

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