ORO MALEDETTO. Il nuovo El Dorado delle miniere aurifere dell’America Centrale

Spalatore oro

Miniere per l’estrazione dell’oro che si aprono, altre che si ristrutturano e si ampliano, la produzione del pregiato metallo torna ad attrarre capitali in diversi paesi dell’America Latina. “L’oro, o meglio la sua avida ricerca, è stata una maledizione permanente per i nostri paesi” denuncia uno studio dell’Osservatorio per la governabilità del Nicaragua, una organizzazione indipendente diretta da Carlos Fernando Chamorro, ex direttore del giornale sandinista “Barricada”. Il Centro di ricerca che vi fa capo ricorda come i colonizzatori abbiano schiavizzato le popolazioni indigene per estrarre l’oro dai loro territori. “Il mito dell’El Dorado ha alimentato sogni febbricitanti di ricchezza e si è radicato sino ai nostri giorni come un simbolo di benessere”. Un dato tra altri può bastare per far capire il disastro sociale che l’estrazione provoca. “La confezione di un anello implica la rimozione di venti tonnellate di suolo, e ogni oncia (28,35 grammi) significa cento tonnellate di rifiuti tossici. Poi comunità allontanate dai luoghi d’origine, contaminazione irreversibile dell’habitat, repressione e conflitti con le comunità che si oppongono”. In America Latina sono undici i paesi che si distribuiscono tra loro il potenziale dell’estrazione aurifera, con Cile, Messico e Perù ai primi posti.

Contro la sensatezza che vorrebbe maggior oculatezza nell’estrazione dell’oro gioca la congiuntura mondiale, che fa sì che il prezzo del prezioso metallo si sia incrementato negli ultimi anni, e questo ha intensificato la sua ricerca ed estrazione. L’area del boom aurifero è ancora una volta l’America Centrale, con punte in Nicaragua e Santo Domingo.

La produzione dell’oro in Nicaragua si è incrementata negli ultimi anni sino a rappresentare il terzo posto nelle esportazioni nazionali. La principale azionista delle concessioni minerarie in Nicaragia è una compagnia canadese, la B2Gold. La società ha investito nel paese centroamericano 320 milioni di dollari e si stima che alla fine del 2013 la cifra ascenda a 400 milioni. Recentemente un’altra compagnia, di origine colombiana, ha acquisito la maggioranza delle azioni di una delle più importanti concessioni minerarie del paese.

“Due secoli dopo l’indipendenza dell’America Latina – denunciano gli autori della ricerca – sorprende che governi anche di segno progresista favoriscano una nuova corsa all’oro, questa volta in nome dello sviluppo delle popolazioni locali”. Ma sviluppo non c’è, l’estrazione remunera le multinazionali che investono e lascia sul posto un ambiente desolato e comunità disperse”.

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