NORMALIZZAZIONE RELATIVA. Il Nicaragua non imboccherà la strada di una vera normalità finché non verranno annunciate elezioni anticipate

Retate della polizia sandinista nei quartieri caldi di Managua (Foto Oscar Sanchez)
Retate della polizia sandinista nei quartieri caldi di Managua (Foto Oscar Sanchez)

Il Nicaragua vive il grave problema istituzionale di una nazione il cui popolo, nella sua parte palesemente maggioritaria, ha perso la fiducia nel Governo e nelle sue istituzioni, rifiutandole e mettendone in dubbio la legittimità. Solitamente crisi di questo tipo provocano guerre civili, insurrezioni popolari o proteste pacifiche. In questo caso l’opposizione ha scelto la strada della protesta pacifica con picchetti e marce, ma la repressione ha spinto verso altre forme di protesta e di difesa che non facevano parte delle intenzioni originali: picchetti e barricate. Il Governo ha reagito con più repressione, pregiudicando in modo considerevole l’attività economica del Nicaragua. In questo momento il paese sta ritornando a una “normalizzazione”, seppur molto relativa, che però non implica la fine della crisi istituzionale e neppure delle proteste pacifiche dell’opposizione. La demolizione violenta dei blocchi stradali e delle barricate non è da considerarsi un trionfo né una sconfitta per nessuno. Di fatto, con il dialogo nazionale è stata creata anche la Commissione di Verifica e Sicurezza formata da rappresentanti del Governo e dell’Alleanza Civica con l’accompagnamento della Commissione per i diritti umani, per togliere gradualmente le barricate e le ostruzioni in cambio della garanzia di “non repressione”. Il Governo, però, ha deciso di rimuoverle con la forza.

La protesta pacifica dell’opposizione non ha avuto il carattere di una guerra per mantenere dei territori e, stando a quanto annunciato, i cortei continueranno, i picchetti e gli altri atti di protesta civica anche, accompagnati dalla pressione internazionale contro il Governo, fino a quando non si raggiunga una soluzione al problema istituzionale di fondo. Sino ad allora la normalità sarà relativa, ma permetterà almeno di riprendere le attività economiche e recuperare molti dei posti di lavoro perduti, evitando che l’economia del paese sprofondi ancora di più e la salute fisica e mentale, soprattutto di bambini e adolescenti, si aggravi. È una normalizzazione relativa necessaria e benefica per l’opposizione il cui fine non era danneggiare le aziende, né creare disoccupazione; prolungare innecessariamente questa situazione avrebbe potuto rivoltarsi contro l’opposizione. Anche il Governo, che vuole mostrare una certa normalità, ne viene beneficiato.

Ma la normalizzazione non è e non potrà essere totale; potrà essere solo relativa, poiché sussistono la paura, la cancellazione della vita notturna, l’invasione delle terre di privati con l’appoggio del Governo, la mancanza di sicurezza giuridica, le attività dell’Esercito incostituzionale di paramilitari incappucciati con armi da guerra, la difficoltà alle dogane, il timore che impedisce che giovani e bambini si rechino tranquilli a scuola, l’impunità della delinquenza e altri fattori. Ma, sopra ogni altra cosa, continuerà ad essere relativa perché anche se la situazione cambiasse, il Nicaragua non potrà godere della normalità finché continua il conflitto istituzionale che ha causato un gran numero di morti, feriti, detenuti, processati, esiliati, etc.

Il dolore è molto, sono profonde le ferite aperte e la situazione che si sta vivendo è tesa e non migliorerà col normalizzare l’attività economica. La normalità sarà relativa sino a quando la autorità non trasmetteranno più paura, ma rispetto. Non è “pace” autentica se è imposta dalla paura. Siamo in presenza di una tensione latente che potrebbe esplodere in qualunque momento senza preavviso, a meno che il Governo accetti l’unica soluzione definitiva e pacifica possibile: elezioni generali oneste e anticipate, perché il popolo con il suo voto decida se continuare con l’attuale Governo o sostituirlo. Allora sì si potrà avere una vera normalizzazione del paese.

Il Governo commetterebbe un grave errore se decidesse di restare al suo posto con la forza e rifiutasse la soluzione di anticipare le elezioni. Perché negarsi, se in ogni caso nel 2021 si dovranno svolgere elezioni obbligatoriamente oneste per la pressione internazionale, con il paese in peggiori condizioni e, di conseguenza, il Governo in situazione di maggior svantaggio che oggi? Perché non finirla subito con tutto questo? Perché rischiare che questa normalità relativa finisca con conseguenze insospettate ed imprevedibili? Governare altri tre anni in questa situazione, con un gran numero di pressioni e condanne internazionali (con costi altissimi per funzionari statali e le loro famiglie), con un’economia debole, con una grande tensione, senza sapere quanto tempo durerà la normalità relativa —che non sarà totale—, vorrebbe dire governare nelle peggiori condizioni possibili, prolungando e rendendo più profonda una situazione di conflitto innecessaria. Non vale la pena!

Il dialogo e le elezioni anticipate convengono a tutti: al Governo, all’opposizione e all’economia nazionale. Lo reclama il mondo intero! Avremmo uno scenario elettorale dove, se il partito di governo perde, non perderebbe tutto, e il Nicaragua si potrebbe risanare. Invece, da oggi al 2021 —se pur ci arriveremo— non sappiamo cosa potrà succedere.

*Avvocato, scrittore e giornalista. Originario di Granada (Nicaragua) risiede attualmente a Managua.

 El Nuevo Diario

Traduzione dallo spagnolo di Silvia Pizio

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