IN MORTE DI UN CARDINALE GUERRIERO. Un ricordo di Miguel Obando Bravo, arcivescovo emerito di Managua e figura centrale nella storia del Nicaragua

Obando Bravo con Giovanni Paolo II, il papa che lo fece cardinale nel 1985
Obando Bravo con Giovanni Paolo II, il papa che lo fece cardinale nel 1985

Il cardinale Miguel Obando Bravo, arcivescovo emerito di Managua, se ne è andato proprio nel momento in cui poteva essere, ancora una volta come tante altre in passato, di grande utilità per il suo Paese. Il Nicaragua sta attraversando la sua più grave crisi degli ultimi anni, tutto fa pensare ad un futuro molto difficile e forse doloroso. Il cardinale Obando Bravo, nonostante i suoi 92 anni e la sua malattia, sicuramente avrebbe voluto assumere un ruolo in questa crisi, dare il suo contributo per combatterla, con spirito tenace, un vero guerriero, come è sempre stato.

Purtroppo, il cardinale guerriero ha perso la sua personale battaglia e ha dovuto accettare la sua sconfitta con serenità e speranza.

L’ho conosciuto negli anni in cui lottava con fermezza e trasparenza contro le deviazioni autoritarie e antidemocratiche del sandinismo, da lui giudicate una sorta di pre-dittatura. Definiva l’allora giovane rivoluzionario Daniel Ortega uno che “si prepara per fare il dittatore”. Ma prima, per anni, con piglio deciso e intransigente non risparmiò mai un solo secondo di fatica per rovesciare la dittatura della dinastia dei Somoza. È stato lui il vero vincitore e solo grazie a lui il Nicaragua tornò ad essere una Paese libero con l’aiuto dell’allora rivoluzionario Movimento sandinista.

La sua opposizione al sandinismo autoritario è stata lunga, durissima e implacabile. L’ho incontrato a Roma decine di volte, ho viaggiato con lui in diverse città dell’Italia, accompagnandolo in più di una circostanza ho incontrato anche Papa s. Giovanni Paolo II. Ricordo una conversazione avvenuta fra loro sulla crescita delle sette religiose in America Latina, fu un dialogo molto prezioso, direi straordinario.

Negli archivi dell’ex Radio Vaticana sono custodite decine e decine di interviste che io e altri colleghi gli facemmo negli anni di opposizione al sandinismo e durante le prime, fallimentari, esperienze liberal-democratiche, alle quali si oppose con la medesima onestà e trasparenza. Dal punto di vista politico vedeva solo un’unica via corretta da sostenere: il modello della Dottrina sociale della Chiesa.

Conservo un ricordo grato e affettuoso del cardinale Obando Bravo: mi onorò della sua schietta amicizia e mai mancò di rispondere a una mia lettera. Non sempre sono stato d’accordo con le sue opinioni ma i dibattiti con lui erano sempre cordiali e positivi: amava rispondere con intelligenza e comprensione. Era un buon polemista e sapeva guidare le controversie.

Negli ultimi tempi non ho più avuto occasione di rivederlo anche se, ma non ne sono certo, sembra che sia passato per Roma alcuni anni fa. Non ho più avuto l’occasione di fargli questa domanda: «Eminenza, come mai da anti-sandinista è diventato poi filo sandinista»? Sono certo che il cardinale guerriero mi avrebbe dato una risposta seria, ragionata e forse convincente.

Nel mio cuore resta per sempre il ricordo di un uomo buono, un sacerdote coerente e soprattutto di un grande e forte guerriero.

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