L’INESTINGUIBILE SETE DELL’AMERICA LATINA, DOVE L’ACQUA C’É MA È MAL DISTRIBUITA. Zone tra le più aride al mondo convivono con aree di forti inondazioni

Disuguaglianze idriche (Foto Sergio I. Campos G.)
Disuguaglianze idriche (Foto Sergio I. Campos G.)

Con una piovosità media annua di 1 600 millimetri e un deflusso di 400 000 metri cubi al secondo, l’America Latina e i Caraibi hanno a disposizione quasi un terzo dell’acqua dolce del pianeta. Ma il vantaggio idrico è ben lontano dall’avvantaggiare questa parte del mondo che ha – incredibilmente – seri problemi con questa risorsa primaria che il tempo rende sempre più preziosa e ambita.

Sebbene ci siano stati grandi progressi negli ultimi anni, l’accessibilità all’acqua potabile è ancora un problema nella maggior parte dell’America Latina. Una delle sfide più grandi è proprio quella di risolvere la disparità della distribuzione spaziale dell’acqua dolce: nel continente convivono zone spoglie, come il deserto di Atacama, il più arido al mondo, e aree di cosiddetto stress idrico (il 36% del territorio), come il bacino amazzonico, dove si concentra il 53% del deflusso regionale. La sfida è riuscire a trovare soluzioni comuni a problemi opposti, ossia situazioni di siccità in alcune aree e inondazioni in altre.

Un’altra grande disparità nella distribuzione di acqua si verifica tra aree urbane e rurali. Nelle città, dove si concentrano l’80% dei latinoamericani, la copertura idrica raggiunge il 97% della popolazione mentre nelle aree rurali solo l’84%. Ci sono poi alcune nazioni dove, a causa delle politiche di centralizzazione, si è prodotta una disparità in termini d’accessibilità all’acqua potabile tra la capitale e le città secondarie. In Guyana, per esempio, la copertura idrica della capitale è del 98% mentre nelle città dell’interno raggiunge appena il 57%.

Da sommare alla disparità di accessibilità c’è un importante ritardo nel servizio fognario che riguarda sia la qualità dell’acqua fornita (in termini di criteri di potabilità, continuità e pressione) sia il basso livello di trattamento e recupero delle acque nere (la media regionale è inferiore al 25%).

Poiché l’accessibilità all’acqua potabile è un problema che affligge, con modalità e termini differenti, tutto il mondo, l’obbiettivo numero 6 dell’Agenda 2030 (ossia il piano di azione globale delle Nazioni Unite per sradicare la povertà, proteggere il pianeta e garantire la prosperità per tutti gli individui) riguarda proprio gli obbiettivi di sviluppo da porsi per garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie.

Seguendo quindi queste linee guida dettate dall’ONU, le istituzioni del settore devono articolare progetti di sviluppo che abbiamo come obbiettivo una migliore gestione delle risorse e una maggiore efficienza operativa, sfruttando le tecnologie sviluppate nel settore privato. Devono inoltre promuovere il dialogo tra settori distinti per sviluppare una pianificazione a medio e lungo termine che sia adatta ad affrontare le sfide climatiche dell’area, specialmente di fronte alla gestione di catastrofi naturali (sempre più frequenti).

Tutti i progetti devono fornire soluzioni complete che includano, pertanto, anche l’educazione all’igiene personale, al rispetto dell’ambiente e agli aspetti sociali.

Risulta quindi necessario un sistema di gestione delle risorse idriche comune a tutta l’America Latina, per incorporare le diverse aree del continente. Il progetto deve prendere in considerazione la natura di ciascuna zona e sfruttare la tecnologia per affrontare i rischi di ogni regione in termini di disponibilità e qualità delle soluzioni di accessibilità all’acqua potabile. Solo così si potrà migliorare la vita della popolazione di questo continente.

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