ROSA CHÁVEZ. DA EL SALVADOR ALLA COREA. Era prossimo a presentare le sue dimissioni, e il Papa lo crea cardinale. Un uomo esperto in conflitti, che affronterà quello asiatico

Rosa Chávez di ritorno da Roma visita la tomba di Monsignor Romero nella Cattedrale (Foto Jorge Reyes)
Rosa Chávez di ritorno da Roma visita la tomba di Monsignor Romero nella Cattedrale (Foto Jorge Reyes)

Il cardinale fresco di nomina Gregorio Rosa Chávez di conflitti se ne intende. Era un giovane prete da poco rientrato nel suo paese da Lovanio, l’università belga dove aveva studiato comunicazione sociale, quando monsignor Romero lo fece rettore del seminario diocesano, e, in forza di quegli stessi studi, responsabile dei mezzi di comunicazione della diocesi. Poi Romero venne assassinato e la lotta armata della guerriglia del Fronte Farabundo Martí per la liberazione nazionale contro il governo entrò in una fase di escalation. Rosa Chávez propiziò il negoziato in vari momenti e intervenne per mediare in favore di sequestrati nelle mani della guerriglia. Gli accordi di pace del 1992 e la loro applicazione lo vedono in prima fila. La recrudescenza post-bellica della violenza delle pandillas – le cosi chiamate maras – non meno mortifera del conflitto armato lo vedono ancora una volta perorare e agire per la moderazione e il disarmo. Ben venga dunque la notizia della sua missione in Corea (del Nord e del Sud) come rappresentante di Papa Francesco. Monsignor Chávez stesso al ritorno da Roma con la porpora indosso nella prima messa in Cattedrale, sopra i resti di Romero che servì con affetto e lealtà, ha confessato che quando ha saputo della sua nomina a cardinale – il primo nella storia di El Salvador – era pronto “per presentare la lettera di dimissioni a papa Francesco il 3 settembre”. I suoi piani, insomma, erano altri: continuare nella parrocchia di San Francisco, assistere i suoi fratelli sacerdoti e “stare con i poveri”. Ma quelli del Dio che serve sono evidentemente altri. Auguri monsignore!

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