L’IRRISOLTO MISTERO POSADAS. Nel Messico delle molte impunità ce n’è una che è l’emblema di tutte. L’assassinio di un cardinale 24 anni fa su cui ancora non si è fatta luce

La tomba del cardinal Posadas nella cattedrale di Città del Messico (Foto Saúl Núñez)
La tomba del cardinal Posadas nella cattedrale di Città del Messico (Foto Saúl Núñez)

Era il 24 maggio del 1993 quando, in piena luce del giorno, assassinarono il cardinale Juan Jesús Posadas Ocampo; 14 colpi a meno di un metro di distanza misero fine alla vita dell’Arcivescovo di Guadalajara nell’Aeroporto Internazionale di questa città. A poco meno di un anno dal compimento di un quarto di secolo dal tragico evento “non c’è né una sentenza definitiva né un presunto autore materiale e molto meno uno intellettuale del crimine”, ha affermato l’avvocato Fernando Guzmán Pérez, coautore del libro La Verità vi farà liberi, non abbiate paura, sul caso Posadas.

L’avvocato, che come deputato ha presieduto la “Commissione per il chiarimento del caso Posadas” nel 2003, ha ricordato che anche se il caso è ancora aperto, costituisce un “monumento all’impunità della storia penale e criminale del Messico”.

Confusione? Guzmán Pérez ha ricordato che la prima tesi delle autorità conduceva ad accreditare un presunto scontro tra le bande criminali degli “Arellano Félix” con quelle di “El Chapo” Guzmán, e il cardinale Juan Jesús Posadas sarebbe stato confuso provocando la sua morte. “Si trovava –dicevano– nel momento e nel posto sbagliato”.

Fatto sta che nel 2009 l’Alta Corte di Giustizia di Jalisco ha annullato tutte le sentenze che incolpavano, come presunti assassini, i membri delle bande del narcotraffico. “Era tale la contraddizione tra gli elementi e l’irregolarità delle situazioni, che tutte le sentenze furono invalidate, e l’Alta Corte ordinò la riposizione totale del procedimento. Da allora, il caso rimane aperto nella Corte Penale di Jalisco, senza che sia stata dettata una sentenza, la qualcosa è molto grave”, ha segnalato. Per poi illustrare che dopo le prime ipotesi, gli avvocati del cardinale Juan Jesús Posadas chiesero al Procuratore Generale della Repubblica (PGR) di lasciare aperte altre linee di investigazione che, basandosi sulle “contradizioni e sugli elementi di prova”, portarono più verso un crimine di Stato; “ma neppure queste indagini – lamenta Guzmán– hanno portato a un nuovo risultato, ma stanno dormendo il sonno dei giusti; il dossier di più di cento libri è in mano alla Procura Generale della Repubblica e versa in stato di inattività procedurale”.

¿Crimine di Stato? L’avvocato considera che molti elementi fanno pensare che la morte del cardinale di Guadalajara fu un crimine di Stato. Per esempio –ha dichiarato- nel 1999 si realizzò una ricostruzione dei fatti con base nei rapporti e nelle evidenze raccolte; vi partecipò un Gruppo Inter istituzionale formato da rappresentanti dello Stato di Jalisco, la Procura Generale della Repubblica e la Chiesa cattolica con il cardinale Juan Sandoval Íñiguez e altri due vescovi. Dopo due anni di lavoro, il gruppo è arrivato alla conclusione che prima dell’esecuzione del cardinale Posadas non ci sarebbe stato nessuno scontro a fuoco: “tutto inizia nel momento in cui l’automobile del Cardinale si ferma nel parcheggio dell’Aeroporto, lì viene giustiziato a bruciapelo mentre scendeva dall’auto; non c’è stato nessuno scontro a fuoco prima; pertanto non ci sono elementi per dire che ci fu confusione”, ha sostenuto Guzmán.

Una dichiarazione “molto importante” –continua– è quella di un amico d’infanzia del cardinale Posadas che lo visitò a Guadalajara pochi giorni prima dell’assassinio: “Lo stesso Cardinale gli raccontò che aveva assistito a una riunione a Los Pinos (residenza ufficiale del Presidente della Repubblica, N.d.T.) dove presentò una lamentela contro la protezione, dalle alte sfere del potere politico, ai narcotrafficanti e alla prostituzione”.

Il cardinale confidò al suo amico che era stato espulso violentemente da detta riunione da José Córdoba Montoya, un uomo con piena facoltà e decisione politica durante la presidenza di Carlos Salinas de Gortari. Secondo l’avvocato, l’“ipotesi artificiale” che ci sarebbe stata confusione è caduta nel ridicolo dal primo momento in cui l’autorevole medico forense di Jalisco, il dottore Mario Riva Souza, spiegò ai giornalisti che con 14 colpi a meno di un metro di distanza, con presenza di impronte di polvere da sparo sul mento – che indica che gli avevano sparato da meno di 80 centimetri- e più di 200 colpi nell’automobile su cui si spostava, non poteva esserci stata confusione alcuna”. Dal punto di vista dell’avvocato Guzmán, il cardinale Posadas fu “vittima prescelta per le denunce evangeliche che stava facendo poiché ci sono più di 40 sermoni in cui fa riferimento alla situazione del narcotraffico e alla copertura che il potere dà ai cartelli; denunciava anche che nella società stessa si stava deteriorando l’etica e la morale a causa del narcotraffico”.

Evidenze scomparse. L’avvocato dettaglia che durante il processo scomparvero molte evidenze, tra queste la croce pettorale, dato che alcune foto mostrano il cardinale assassinato nel sedile posteriore, con ancora la croce al collo. Era un altro elemento che accreditava che non si trattava di un narcotrafficante e pertanto non poteva dar luogo a confusione. Aggiunge: “Ci sono evidenze che dimostrano che ci furono persone che raccolsero i bossoli sul pavimento, ripulendo la scena del crimine, anche i dati degli scontrini del parcheggio delle automobili che si trovavano lì in quel momento scomparvero, come centinaia di pagine del rapporto”. Fernando Guzmán ricorda anche che dal controllo delle informazioni dei registri di bordo degli aerei il giorno del crimine si scopre che l’allora procuratore Generale della Repubblica, Jorge Carpizo Mc Gregor, arrivò a Guadalajara un’ora prima dell’assassinio del cardinale, accompagnato da agenti della Polizia Federale; vi rimasero solo mezz’ora, e immediatamente ritornarono a Città del Messico poco prima del crimine”. Si chiede l’avvocato: “Qual era lo scopo di quel volo, investigare un crimine che ancora non era stato compiuto o prepararlo?”.

¿Cosa ci si aspetta dal caso? Al chiedere a Guzmán se ha ricevuto minacce per il suo impegno per cercare di risolvere il caso, ha rivelato che “in un momento, ci furono circostanze complicate, e anche per questo si presentarono denunce al PGR”.

-Ci sono le condizioni perché il caso si chiarisca?

-No, per il semplice fatto che non c’è alcun interesse ad avanzare con le indagini. Ma la storia ricorderà questo oscuro capitolo come un monumento all’impunità in Messico, e un grido che reclama giustizia. Come possono le persone aspirare alla giustizia quando patiscono violenze, soprusi, crimini e assalti, se neppure un crimine di questa portata è stato risolto?

Il perdono della Chiesa. L’avvocato ha segnalato che c’è stato interesse da parte di papa Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, e adesso di papa Francesco, che il caso si risolva: “si conoscono i fatti ma sicuramente questo caso, così triste, rimarrà nella storia dell’impunità”. Ha aggiunto che la posizione della Chiesa in Messico è chiara: vuole sapere il perché hanno ucciso il cardinale e chi furono i responsabili. Solo così si potrà perdonare. “Il Messico è assetato di verità e giustizia; se un giorno il caso verrà risolto, sarebbe un passo importante per raggiungere la riconciliazione, la pace e la giustizia”.

Fernando Guzmán Pérez ha concluso che, a quasi 25 anni dal crimine, “abbiamo ancora un paese dove la violenza tracima da tutte le parti: più di 33 crimini di sacerdoti negli ultimi anni, più di 30 omicidi di giornalisti, nessuno dei quali risolto, nonostante ci siano procuratori in abbondanza; c’è impunità, c’è violenza, insicurezza, narcotraffico e tossicodipendenza, e questa situazione che colpisce il Messico forse si sarebbe evitata se la denuncia che il cardinale Posadas presentò coraggiosamente 24 anni fa, riguardo la copertura ai narcotrafficanti dalle alte sfere del potere, avesse avuto risonanza. Oggi non avremmo un cardinale assassinato, ma un Messico differente”.

Vida Nueva Digital

Traduzione dallo spagnolo di Silvia Pizio

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