IL BRASILE DELLE LOTTE PER LA TERRA. Un rapporto della Commissione Pastorale per la Terra denuncia un forte aumento della violenza nel 2016 e prevede un 2017 peggiore

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Terra, giustizia, lavoro, un trinomio che per tanti contadini brasiliani è un miraggio e una causa di morte. L’ultimo rapporto della Commissione Pastorale per la Terra mostra anzi che la violenza nelle campagne del Brasile ha raggiunto il suo punto più elevato proprio nel 2016, con 1079 casi, un aumento del 40% rispetto al 2015, quando se ne erano registrati 771. Il rapporto evidenzia anche che nel 2016 si sono verificati 61 omicidi, con una crescita del 22% rispetto all’anno precedente che si era chiuso con un risultato di 50 morti. Ampliando l’arco di osservazione agli ultimi 25 anni, si può notare che il numero degli omicidi del 2016 è inferiore solo a quello del 2003, quando ne erano stati registrati 73.

Il rapporto dal titolo “Conflitos no Campo: Brasil 2016” specifica che dei 61 omicidi del 2016, 58 sono legati ai conflitti per la terra, due per l’acqua e uno per la proprietà di un terreno. Rondônia è stata l’area con il maggior numero di vittime –nientemeno che 21, il 34% del totale. Nello stato di Tocantins le dispute per la terra sono aumentate del 313% rispetto al 2015, passando da 24 episodi a 99 nel 2016.

Negli ultimi due mesi, tre gravi conflitti hanno fatto capire che la situazione non sarà diversa nell’anno in corso. “Ci stiamo rendendo conto che il 2017 può essere persino peggiore”, pronostica il sacerdote Paulo César Moreira, integrante del coordinamento nazionale della Commissione Pastorale per la Terra. Ad aprile cinque persone sono state assassinate in un conflitto agrario in un insediamento nel comune di Colniza, nello stato di Mato Grosso. Agli inizi di maggio ne sono state ferite 10 nel corso di scontri tra gli indios Gamela e i “fazendeiros” nella citta di Viana, nello stato del Maranhão. A fine mese sono state uccise altre dieci persone in un’azione di polizia in una tenuta a Pau d’Arco, nel Pará. Tenendo conto di questi conflitti recenti si sono registrate già 36 morti in pochi mesi a conferma che il 2017 si avvia a segnare un altro triste record.

“Il Brasile è dotato di una delle strutture fondiarie più concentrate del mondo, che rappresenta l’eredità del sistema coloniale. Circa l’1% dei proprietari possiede il 60% delle terre”, spiega Bernardo Mançano, professore dell’Università statale di San Paolo: “I latifondisti voglio ampliare ancor più tale concentrazione proprietaria perché il settore agricolo e le multinazionali sono interessati ad affittare le terre con il beneplacito del governo” spiega Mançano: “La frontiera amazzonica che si estende per Mato Grosso, Rondônia e Pará è il confine agricolo del Brasile, dove i latifondisti premono per espandersi e dove si stanno verificando il maggior numero di omicidi di piccoli agricoltori, contadini e indigeni, che oppongono resistenza”.

Padre Paulo César Moreira indica nell’impunità una delle principali ragioni della violenza nelle campagne del Brasile. “Una cosa è certa: coloro che commettono atti di violenza nel campo raramente saranno puniti”. Moreira cita casi risalenti ad almeno 20 anni fa dove non è stata ancora dettata la condanna. Uno di questi è noto come Massacro di Eldorado dos Carajás, un caso famoso a livello mondiale, in cui la polizia ha ucciso 19 “senza terra” nel Pará nel 1996. Moreira osserva che l’aumento degli atti di violenza nelle campagne accompagna periodi di crisi politica. Il numero degli omicidi di lavoratori del campo è stato più elevato solo tra il 1985 e il 1990 e nel 2003. Negli anni 80, per esempio, si discutevano strenuamente i termini della nuova costituzione. “I movimenti popolari legati al campo erano molto attivi e sono stati quelli che hanno apportato il maggior numero di firme per il progetto di riforma agraria presentato all’Assemblea Costituente” osserva Moreira. “La reazione del latifondismo fu cercare di contenere quella spinta, proprio ciò che ha provocato il numero più elevato di omicidi: 125 nel 1985, 105, 109, 93, 56 negli anni successivi e 75 nel 1990. Nel 2003, la violenza è aumentata per la diffidenza degli imprenditori e delle classi rurali brasiliane nei confronti di Luís Ignacio Lula da Silva. “Nel 2003 si sono verificati 73 omicidi, quando Lula vinse le elezioni e assunse la presidenza. Davanti alla promessa fatta dal candidato di realizzare una riforma agraria per decreto, la reazione del latifondismo non si è fatta attendere, come attesta il numero degli omicidi” osserva padre Moreira: “Poi le classi rurali si integrarono nel governo e la riforma agraria non fu mai realizzata, e gli omicidi iniziarono a diminuire”. A partire dal 2016, con l’impeachment dell’ex presidente Dilma Rousseff e la crisi economica galoppante, i conflitti nelle campagne si sono intensificati.

Don Enemésio Lazzaris, presidente della Commissione Pastorale per la Terra, lo attribuisce ad una negligenza del governo municipale, statale e federale: “La violenza nel campo può essere prevenuta facendo giustizia, realizzando la riforma agraria e tutelando i diritti delle comunità”.

Traduzione dal portoghese di Veronica Battista

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