ORIANA FALLACI E QUELL’INTERVISTA A FIDEL CASTRO NON RIUSCITA. Il diplomatico cubano che mediò la richiesta della giornalista dà la sua versione di quel che accadde

Oriana Fallaci (1929-2016) Foto Ethic
Oriana Fallaci (1929-2016) Foto Ethic

Lo scalpo con relativa barba di Fidel Castro non è riuscita proprio ad appenderlo alla sua cintura più che blasonata, dove fanno bella mostra l’ayatollah Khomeini, Ray Bradbury, Sean Connery, il dittatore argentino Leopoldo Galtieri e tanti altri protagonisti della storia contemporanea. Parliamo di Oriana Fallaci all’epoca firma vedette dell’Europeo, il gotha del meglio giornalismo degli anni settanta e ottanta. Non che non ci abbia provato. Eccome se l’ha fatto, con le unghie, con i denti e una affilatissima lingua. La storia raccontata da Oriana è conosciuta attraverso diverse infuocate lettere scritte allo stesso Fidel Castro e raccolte negli epistolari della giornalista-scrittrice. Quella delle avances al leader Maximo – la storia di parte cubana – la racconta adesso Raúl Roa García, primo ministro degli esteri di nomina fidelista nel 1959 con un seguito di carriera da ambasciatore presso la Santa Sede e rappresentante diplomatico di Cuba alle Nazioni Unite. Lo fa con un articolo pubblicato nel numero di giugno fresco fiammante di un sito on line– La Jiribilla  – che si presenta come rivista di cultura cubana giunta peraltro ad un rispettabile XVI anno di pubblicazione. L’articolo è stato poi riprodotto giovedì 8 giugno dal giornale filogovernativo Cubadebate  con il titolo “La entrevista frustrada” e due giorni dopo, il 10 giugno, dal sito cubano on-line café fuerte  con il titolo «Fidel Castro canceló entrevista con Oriana Fallaci tras “reporte” de informante», Fidel Castro ha cancellato l’intervista con Oriana Fallaci dopo il rapporto di un informatore.

Il circostanziato racconto del diplomatico cubano inizia con una telefonata ricevuta in un giorno non precisato del 1980. “Voleva vedermi personalmente perché desiderava un’intervista con il presidente Fidel Castro. Mi disse che aveva studiato attentamente il suo pensiero, le sue azioni dentro e fuori Cuba e che credeva di poter fare qualcosa di impattante per l’Europeo e altre pubblicazioni con cui collaborava”.

L’incontro avvenne il giorno dopo alle sei del pomeriggio, un incontro che il diplomatico allora in servizio presso la Missione permanente di Cuba alle Nazioni Unite registra come amabile pur con una riserva. «Sospettando che la risposta di L’Avana, che conosceva i suoi lati meno amabili, potesse essere negativa, mi anticipai a dirle che Fidel Castro non era solito dare molte interviste… Mi interruppe: “Ah, ma ha dato interviste a Dan Rather e Barbara Walters, che sono americani, yanquis! Perché non dovrebbe darla a me che sono italiana e simpatizzo con la rivoluzione cubana? Non sono comunista, è vero, ma sono sempre stata anarchica, nemica della borghesia, dello sfruttamento dei piccoli. Farò a Castro la migliore intervista che gli abbiano mai fatto. Sarà un successo clamoroso! Tutto il mondo mi legge, tutti i dirigenti che contano. Può assicurare a Fidel Castro che gli farò una intervista amichevole, non come altre che ho fatto a leader che non mi piacciono. So che per questa ragione alcuni mi temono…”».

Il dialogo – nel resoconto di Raúl Roa – prosegue con richiami alla cautela da parte del cubano e ripetuti assalti della Fallaci per rassicurarlo quanto alla correttezza e serietà dell’intervista propostagli. Finché, alcuni giorni dopo, arriva la risposta: Oriana avrebbe dovuto trasferirsi a Cuba nei giorni precedenti il 6 luglio, che quell’anno si commemorava a Santiago de Cuba, per viaggiare proprio nella città orientale culla della rivoluzione per incontrarsi con Fidel Castro. “Gli trasmisi il messaggio – scrive Raúl Roa – e ricordo l’allegria della sagace giornalista quando seppe che i suoi desideri si sarebbero compiuti”.

A questo punto l’intermediario cita un nuovo incontro con Oriana Fallaci di ritorno da Santiago di Cuba, e le parole della giornalista che gli riferì di aver assistito alle commemorazioni – “realmente moltitudinarie ed entusiaste” – per poi venire accompagnata in una casa dove sarebbe arrivato Castro. “Aspettai ansiosa… E finalmente arrivò! Abbiamo avuto una lunga conversazione; gli ho spiegato i miei interessi, ho suggerito che più che una intervista poteva essere un libro, che ero sicura che sarebbe stato un successo fenomenale! Fidel Castro rispose che non aveva tempo in quei giorni perché potessimo parlare di tutti i temi: Perché non viene in settembre? Allora sarò più libero e credo che potremmo contare con il tempo necessario”.

Ma il ritorno di Oriana Fallaci a Cuba non ci fu.

“Fidel aveva cancellato ogni possibilità di concedere a Oriana l’intervista” scrive Raúl Roa García, che poi offre la sua versione dei fatti: «Lasciando Cuba, sul volo che la portò in Messico durante il tragitto verso New York, era seduta a fianco di un giornalista che credette italiano – lingua che usarono per parlarsi – e gli trasmise le sue impressioni molto negative, realmente assurde, su Fidel Castro, comparandolo niente meno che con Benito Mussolini. Fallaci non aveva capito il personaggio che anelava intervistare e dette giudizi superficiali su qualcuno che conosceva appena, con cui aveva forse conversato un paio di ore. Il “giornalista italiano” non era altri che Jorge Timossi, argentino di origini italiane, collaboratore di Prensa Latina. E lui ha fatto giungere a Cuba quell’informazione, motivando così la comprensibile decisione di Fidel».

Entra in gioco a questo punto un nome di primo piano della politica italiana degli anni ’90 che compie un estremo tentativo per ottenere il ripensamento di Fidel Castro.

«L’ambasciatore La Rocca, mio collega italiano presso le Nazioni Unite mi invitò a pranzo con il cancelliere Giulio Andreotti — in quel momento capo della Delegazione dell’Italia all’Assemblea Generale – nella sua residenza nella Trump Tower, con una vista favolosa sulla cattedrale di San Patrizio. Ho accettato, com’è logico, senza aver idea di cosa volesse trattare con me quel grande personaggio della politica europea del dopo guerra, diverse volte primo ministro e cancelliere, democrata-cristiano ed “erede”, in certo modo, di De Gasperi che, per lo più, ha avuto sempre un atteggiamento amichevole verso Cuba. Grande è stata la mia sorpresa quando ha dichiarato che sarebbe stato importante, anche nel contesto delle nostre relazioni bilaterali, che il presidente Fidel Castro concedesse un’intervista a Oriana Fallaci, influente e notevole giornalista italiana che certamente conoscevo che non solo era una personalità di grande rilievo in Italia ma in tutta Europa e internazionalmente».

Ma i buoni favori del navigato politico italiano non bastarono a cambiare il rifiuto di Fidel Castro.

L’annotazione conclusiva dell’articolo di Raúl Roa in La Jiribilla è un tocco di squisita andreottianità: “Molti anni dopo, quando mi disimpegnavo come ambasciatore presso la Santa Sede, visitai in diverse occasioni Andreotti, allora Senatore a vita, nel suo ufficio del Senato e a casa sua, sull’altra sponda del Tevere ma vicino al Vaticano. Non abbiamo mai commentato quell’episodio, e fu sempre molto affettuoso quando si riferiva al Comandante”.

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