GLI SCHIAVI CI SONO ANCORA. 129 anni dopo l’abolizione della schiavitù il fenomeno persiste nelle campagne del Brasile ma anche nelle città

Vite vendute e comprate
Vite vendute e comprate

Il Brasile, uno dei paesi più schiavisti del continente latinoamericano, ricorda nel mese di maggio il momento in cui donna Isabella Cristina Leopoldina Augusta Micaela Gabriela Rafaela Gonzaga d’Orléans-Braganza (nata Braganza e Borbone-Due Sicilie) figlia ed erede dell’imperatore Pietro II del Brasile metteva fine alla schiavitù con la famosissima Lei Áurea del 1888 e constata – lo fanno i vescovi della Conferenza nazionale – che 129 anni dopo nel paese sudamericano la schiavitù esiste ancora. “Oggi, situazioni analoghe alla schiavitù, quali il lavoro schiavo, il lavoro senza orario, la servitù per debiti e in condizioni degradanti persistono. Più di 47.000 lavoratori sono stati liberati da situazioni analoghe alla schiavitù tra il 1995 e il 2014, secondo il Governo Federale”.

Per questa ragione la CNBB ha avviato diverse iniziative per combattere la schiavitù moderna in nulla diversa da quella di oltre un secolo fa. I vescovi ricordano che nel 2012 venne creato il Gruppo di lavoro “Enfrentamento ao Trabalho Escravo e de Tráfico de Pessoas” mentre nel 2014 è stata lanciata la Campagna nazionale intitolata “Tráfico Humano e Fraternidade”. La Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani annuncia adesso la creazione di una “Comissão Especial para o Enfrentamento do Tráfico Humano” i cui componenti sono stati appena nominati.

Va ricordato che in Brasile, la schiavitù è durata circa tre secoli, a partire dall’inizio della colonizzazione fino alla Legge d’oro della regina Isabella. L’articolo 149 del codice penale del Brasile identifica il lavoro forzato come: “Ridurre qualcuno ad una condizione analoga a quella di uno schiavo, sottometterlo al lavoro forzato e senza orario o sottoporlo a condizioni di lavoro degradanti, o limitando, con qualsiasi mezzo la sua mobilità in ragione del debito contratto con il datore di lavoro o un suo agente”. Per questo reato la pena prevista è la reclusione da due a otto anni e una multa, oltre alla corrispondente sanzione commisurata alla violenza esercitata sulla vittima.

I vescovi del Brasile denunciano che situazioni di questo tipo sono state riscontrate nelle zone rurali del paese, soprattutto dove si alleva bestiame, nella produzione di carbone e nelle piantagioni di canna da zucchero, soia e cotone. Negli ultimi anni, questa situazione è stata osservata anche nei centri urbani, in particolare nel settore tessile, edile e nello sfruttamento della prostituzione.

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