IL FUTURO DEL VENEZUELA SECONDO LA NUOVA COSTITUENTE. Un gesuita venezuelano analizza il decreto che istituisce la nuova Assemblea voluta da Maduro

Anche le suore in piazza
Anche le suore in piazza

Con la pubblicazione del Decreto con cui il presidente Maduro convoca l’Assemblea Nazionale Costituente (ANC), disponiamo finalmente di alcuni elementi per cercare di capire in che direzione vuole andare. In questo senso, farò delle brevi considerazioni sugli “obiettivi programmatici” che sono dettagliati nel Decreto, poiché credo che lì ci siano elementi importanti per capire dove si dirige il paese. Questo a prescindere dal dibattito sulla costituzionalità o meno del Decreto e il modo di nominare la ANC. Si tratta di un semplice esercizio speculativo che sarà condizionato dai risultati finali della Commissione Presidenziale e della ANC incaricata di redigere la nuova Costituzione che dovrà sostituire quella che – non dimentichiamolo – è stata considerata “la migliore Costituzione del mondo”.

Il primo obiettivo si richiama alla pace, ma non esaminerò direttamente questo punto che, come ben si dice, è un diritto e una aspirazione. Ciò che chiama l’attenzione è l’idea di riorganizzare lo Stato per poter recuperare il principio costituzionale di cooperazione tra i poteri pubblici. Così il riferimento più immediato a questo principio di collaborazione (tergiversato) si è avuto quando il Tribunale supremo di giustizia (TSJ), con la connivenza degli altri Poteri Pubblici, ha annullato le competenze della nuova Assemblea nazionale (AN) con diverse sentenze, rifiutandosi sfacciatamente di rispettare la volontà di 14 milioni di venezuelani che scelsero i deputati in modo diretto, segreto e universale. Il governo intende che “collaborazione” è obbedire senza obiezioni alla volontà di Uno e qualunque disaccordo è di ostacolo al buon funzionamento dei Poteri. Ciò viene confermato dove il Decreto segnala che la riorganizzazione tenta di superare una volta per tutte il clima di impunità che attualmente vive il paese. Ovvero, c’è “impunità” perché non si rispetta la volontà suprema che risponde alla linea di governo e di partito. Non è difficile immaginare che ciò che il governo vuole ottenere è il controllo totale e assoluto dei Poteri Pubblici, e può riuscirvi solo eliminando l’Assemblea Nazionale come la conosciamo oggi e, di conseguenza, fare quel che gli pare e piace con alcuni alti funzionari nella Magistratura e nel Tribunale supremo di giustizia.

Il secondo obiettivo è tra i più interessanti. Se il precedente si mostra viscerale e vendicativo nei confronti degli ambiti di potere che si considerano persi e si vogliono recuperare, credo che in questo secondo caso il governo si mostri con il suo volto più crudo: quello relativo all’economia. Nel Decreto si proclama che per percorrere la strada verso una Venezuela Potenza (dopo 18 anni non è ancora tale), è necessario concepire un nuovo modello di economia, si legga bene: post petrolifera, mista, produttiva, tra gli altri qualificativi, a partire dalla creazione di nuovi strumenti che rendano più dinamico il progresso delle forze produttive. Si noti che non dice espressamente post rendita, tutto indica, invece, che si vuole mantenere la dipendenza da un rendita (per esempio mineraria: Arco Minero del Orinoco), perché in questo modo si ottiene denaro contante, utilizzabile da subito come si è fatto sempre in tutti questi anni con la rendita del petrolio.

Così i conti tornano: senza Assemblea com’è oggi e con un nuovo corpo legislativo fatto su misura delle proprie esigenze (o senza di esso), il presidente potrà sottoscrivere tutti i contratti e convenzioni internazionali che vuole, formando imprese miste con altri paesi o imprese da cui ottenere una pioggia di investimenti e disporre di ossigeno economico.

Il secondo obiettivo si chiude con il riconoscimento del fallimento in materia di approvvigionamento, quando segnala che si deve cercare di creare un nuovo modello trasparente di distribuzione che soddisfi le necessità della popolazione. E qui non si capisce molto bene. Se consideriamo che la distribuzione è totalmente controllata dal governo stesso, ricordiamo che ci sono militari incaricati dell’aerea di distribuzione e di prodotti specifici, a cosa ci si riferisce con questo nuovo modello? Si sta ammettendo che hanno fallito? O sarà che fino ad ora si sono governati più per criteri “trasparenti” e vogliono essere ancora più trasparenti nella loro gestione?

Il terzo (e quinto) obiettivo si possono sintetizzare come il concretizzarsi costituzionale del Piano della Patria, in modo tale che le missioni possano ottenere il rango costituzionale (anche se niente garantisce che non rimangano lettera morta); vi si aggiunge inoltre – una volta per tutte – il termine “socialista”, una aspirazione che risale al progetto di riforma costituzionale di Chávez nel 2007; e, per finire, si allude espressamente che tutto questo si ispira all’eredità e alla volontà del massimo lider della rivoluzione che ci ha condotti fin qui.

Il quarto obiettivo verte sull’ampliamento delle competenze del sistema di giustizia, e qui si torna a insistere sull’argomento dell’impunità e sul lavoro per sradicarla, combattendo particolarmente quei delitti commessi contro le persone: omicidio, sequestro, estorsione, ovvero, la quotidianità del venezuelano. Vi si aggiungono, inoltre, altri crimini in linea con il nuovo Stato che si vuole imporre e garantire, ossia, i delitti contro la Patria e la società, tra cui risaltano: corruzione, contrabbando, speculazione, terrorismo, narcotrafico, incitamento all’odio sociale e alla ingerenza straniera. Non credo sia esagerato dire che siamo alle porte (formalmente) di un tempo di persecuzione politica del “dissenso”, anche se mimetizzata come lotta contro il delitto. Non ho usato il termine “opposizione”, ma “dissenso”, giacché il primo può fungere da controparte ed è indispensabile in qualunque sistema democratico; mentre il secondo si riferisce a coloro che “ostacolano”, impedendo così di raggiungere l’ordine egemonico che il governo vuole consolidare. Insomma siamo di fronte alla logica amico-nemico, o, che è la stessa cosa, al criterio inclusione-esclusione in modo tale che si possa dire: “chi ama la patria mi segua, chi non la ama sia bollato come contrabbandiere, terrorista e traditore”. Nel caso esista una “opposizione” questa verrà manipolata in base alle necessità del governo; sarà una semplice copertura per poter dire che “qui siamo pluralisti e rispettiamo tutti”. Questo, ovviamente, giustificato con un ordine normativo in base al quale lo Stato compie con le proprie leggi e può dire con tutta tranquillità che “qui c’è Stato di Diritto”. È un modo macabro di intendere la politica e il diritto.

Il sesto obiettivo ci ricorda quello che si sta dicendo già da diversi anni: che siamo un paese alla mercé delle potenze straniere. Si insiste su questo punto e lo si trasforma in uno strumento per dire che lo Stato deve ampliare i suoi poteri e proteggerci dei cattivi nemici. È il discorso della sovranità e dello scontro latente con l’interventismo straniero, dove rientrano tanto organismi internazionali come gli stessi venezuelani che sono accusati di una condotta anti patriottica che giustifica la loro persecuzione.

Il settimo obiettivo fa tremare le vene dei polsi. Da un lato ci si dice una cosa giusta: che si perseguirà il carattere pluriculturale della Patria; subito dopo però si afferma che questa rivendicazione dovrà sviluppare i valori spirituali per riconoscerci come venezuelani e venezuelane, questo sì vaccinandoci contro l’odio sociale e raziale incubato in una minoranza della società. Non è chiaro questo dell’odio incubato, e ancor meno come ci vaccineremo da esso. Viene subito da pensare all’apartheid, al campo di concentramento e alle camere a gas, alle torture e agli assassini politici, insomma alla violenza e alla morte come mezzo per raggiungere un fine. Si insiste, ed è allarmante, su una “maggioranza” munita di potere di fronte una “minoranza” che non ne ha alcuno. È come il rapporto scarpa-formica, sappiamo già dove finisce la scarpa e cosa ne rimane della formica. Insomma, questo obiettivo, che comincia con un’immagine ammirevole, finisce colorandosi con l’espressione di G. Orwell in Ribellione nella fattoria: tutti gli animali siamo uguali, però alcuni animali sono più uguali di altri.

È ironico che, dopo di tutta questa sfilza di obiettivi, rimanga ancora qualcosa in piedi, e si decida di dedicarlo alla gioventù, la nostra gioventù, garanzia del futuro. Con la promessa di includerli come un capitolo nella nuova Costituzione, si enunciano una serie di diritti che saranno riconosciuti ai giovani: libero uso delle tecnologie di informazione, lavoro degno e liberante, tutela delle giovani madri, prima casa, riconoscimento alla diversità dei gusti, pensieri e stili. Ma dall’ironia si passa al cinismo visto che è proprio la gioventù venezuelana che ha sofferto di più la violenza e più è stata trascurata in questi ultimi anni, per di più con l’inganno dell’ “uomo nuovo” sono stati fatti saltare in aria i modelli sociali installandone altri dove la vita è relativa, dove vale di più stare in una banda criminale, in un gruppo paramilitare o avere addosso un’arma, che studiare. Per molti giovani il futuro si spegne velocemente, mentre altri decidono di lasciare tutto per andare a cercare fortuna in altri paesi. Speriamo che per chi resta si includa esplicitamente il diritto di ritornare vivi alle loro case.

L’ultimo obiettivo si propone di proteggere la nostra biodiversità e sviluppare una cultura ecologica, in sintesi, preservare la vita nel pianeta. Ci troviamo davanti al tentativo di truccare e dipingere di rosa le cose dette in precedenza, un diversivo per farci credere alla buona volontà che si cela tra le righe del Decreto. Però restano molti elementi che fanno pensare il contrario. Si insiste che la miglior forma di risolvere la crisi che viviamo è dando maggiore potere a chi già ne dispone, ingrandendo allo stesso tempo le divisioni e generando maggior conflitto e segregazione. Siamo lontani da un discorso che unisca e integri. Per il governo si tratta di un momento estremo nella sua lotta per il tutto o niente.

*Della rivista SIC del Centro Gumilla del Venezuela.

Traduzione dallo spagnolo di Silvia Pizio

Torna alla Home Page