SI RISVEGLIA IL VULCANO LATINOAMERICANO. Crisi eclatanti, nascoste, in incubazione. La vera e onesta politica ha lasciato il posto a una corruzione spudorata e arrogante

Il vulcano Ubinas, nel sud del Perù
Il vulcano Ubinas, nel sud del Perù

Era prevedibile e lo si diceva sottovoce in tutti i Paesi della regione latinoamericana. In diverse nazioni cominciano a venire al pettine crisi latenti, causate in buona parte dalla stessa politica e che oggi non è più in grado di governare e di risolvere. Per ora le situazioni più visibili sono il Venezuela, il Paraguay e il Brasile, ma ciò non significa che negli altri Paesi le cose vadano meglio. I contraccolpi della crisi economico-finanziaria internazionale, seppure con un certo ritardo, sono arrivati in modo prepotente in tutta l’area proprio nel momento in cui le classi governanti, i politici e i partiti, affrontano la peggiore crisi di popolarità e consenso degli ultimi 25 anni.

La risposta, per ora, è stata la peggiore: in parte, tenere nascoste al popolo la verità dei conti, della situazione reale, dei rapporti internazionali e della delicatezza del momento. Non solo. Poi, in generale, i politici e la politica hanno continuato con le loro pratiche di marketing elettorale, spargendo promesse e illusioni oppure provando ad affidarsi al solito “caudillo”, al leader “popolare”, che dal balcone del palazzo di governo si mostra come un “messia” e, ovviamente, propone e chiede la sua rielezione.

In realtà, in America Latina, da tempo la vera e onesta politica è scomparsa. Partiti e politici, chiamati in un editoriale del New York Times, “mezze calze in movimento perenne per raccattare voti”, si sono consegnate con le mani e i piedi legati ai poteri forti della finanza, in particolare quella speculativa, nonché delle piccole e miopi borghesie nazionali in cambio di una leadership inconsistente, senza appoggio e sostegno popolare. Ormai i padroni della situazione sono l’iniquità sociale, la più grave dei cinque continenti, e la corruzione, spudorata e arrogante.

Non sorprende quanto sta accadendo dal Rio Grande alla Patagonia. Crisi eclatanti e violente, crisi subdole e nascoste, crisi in incubazione sono un solo intreccio dal quale si alzano i due fantasmi che tolgono da decadi i sogni ai popoli latinoamericani: le esplosioni di violenza popolare, e forse qualche nuovo movimento armato, e lo sguardo truce e autoritario dei militari che certamente non staranno a guardare sempre dalla tranquillità delle loro caserme.

Di questo pericolo si sono accorti tempestivamente, e lo hanno manifestato pubblicamente, Papa Francesco e alcuni episcopati latinoamericani, in particolare quelli più vicini e in sinergia con il magistero del Papa. Non sono molti ma sono autorevoli per esperienza e tradizione pastorale. Le loro “antenne”, migliaia di parroci, suore e catechisti che, dal loro vivere quotidiano fra i popoli, hanno percepito da qualche anno che la “serenità e pace sociali” del ritorno ai regimi democratici avevano esaurito la sua spinta. Il loro grido di allarme è rimasto inascoltato.

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