MONSIGNOR ROMERO “DOTTORE DELLA CHIESA”? La proposta verrà fatta a marzo, nell’anniversario dell’assassinio, in un convegno nell’Università Notre Dame in Indiana

Il cardinal Maradiaga celebra una messa per il beato Romero (Foto Francisco Rubio)
Il cardinal Maradiaga celebra una messa per il beato Romero (Foto Francisco Rubio)

Da beato d’America a Dottore della Chiesa il passo è lungo ma c’è chi inizia a prendere la rincorsa per spiccare il salto, in omaggio alla strategia che consiglia di puntare a cento per ottenere cinquanta. Romero, si sa, è in lista d’attesa come futuro santo e la cosa potrebbe essere tutt’altro che prossima. I vescovi salvadoregni al gran completo saranno a Roma il 24 marzo in visita ad limina, e già si sa che in programma c’è un incontro collettivo con Papa Francesco. Ascolteranno le novità, se ce ne saranno, con speranza e realismo. Ma nelle retrovie degli ammiratori del vescovo martire c’è chi già chi accende i motori e lancia la sua candidatura nientemeno che a Dottore della Chiesa.

La proposta in questo senso – anticipa il sito specializzato SuperMartyrio – la farà Robert Pelton, un sacerdote statunitense che da trent’anni organizza le giornate romeriane nell’Università Notre Dame in Indiana. Anche quest’anno l’happening nell’importante istituzione cattolica avrà luogo in prossimità del giorno fatidico dell’assassinio del beato Romero, il 24 marzo. Si inizierà con una messa presieduta dal cardinale di Manila Luis Antonio Tagle e si terminerà con un plenario alla presenza del cardinale honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga. Tra e una esposizione e l’altra smistata dal padrone di casa nonché membro della facoltà di teologia dell’Università e autore di un “Monsignor Romero: Un Vescovo del terzo millennio”, verrà lanciata la proposta.

L’audacia del reclamo non sembra scoraggiare padre Pelton, né gli antecedenti statistici circa l’esiguità di chi la Chiesa ha onorato con il massimo titolo di Dottore che non superano le trentasei unità in due millenni di storia cristiano-cattolica. Romero riuscirà a superare il vaglio di eminens doctrina e insigna vitae disposto da Papa Lambertini per ottenere la Ecclesiae declaratio riservata a un San Agostino e Santo Tommaso?

Il defunto monsignor Urioste (Ricardo) e grande amico di Romero già nel 2005, nella stessa università statunitense rispose alla domanda con una domanda: “Può dirmi un altro posto al mondo dove si stanno studiando le omelie di un vescovo morto da 25 anni?” riferisce ancora una volta SuperMartyrio.

«Nonostante la reputazione di “saggio” un problema c’è» mette le mani avanti SuperMartyrio: Romero non è stato un accademico. “Ma questo non significa che non abbia avuto un grande impatto sulla teologia”, sostiene il Prof. Michael E. Lee, associato di teologia con affiliazione all’Università Fordham latino-americana e Latino Studies Institute, uno degli studiosi che hanno presenziato più di una volta al “Romero Days”. In una articolo pubblicato dalla stampa salvadoregna, Lee spiega come Romero, anche se “non era in possesso di un dottorato di ricerca, non aveva nomine in una università, e non ha mai pubblicato un libro o un articolo accademico” ha però “lasciato una ricca eredità teologica”. Secondo Lee, nel caso di Romero, “la sua predicazione e il suo ministero sono serviti, come dimostrato da Martin Maier [un gesuita tedesco direttore di Stimmen der Zeit e docente visitatore all'Università dell'America centrale di El Salvador solito scrivere su Romero, NdA], d’ispirazione teologica”.

Una teologia strettamente legata alla pastorale come piace a papa Francesco. Quanto basta per padre Pelton per proporre Romero “Dottore pastorale della Chiesa universale”, alla stregua di un Sant’Ambrogio nel IV secolo – scrive SuperMartyrio – “il primo vescovo ad essere riconosciuto come dottore pastorale”.

Nulla vieta, insomma, che Oscar Arnulfo Romero, dopo la proclamazione a Santo, possa diventare anche il primo “Dottore della Chiesa” dell’America Latina.

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