IL BRASILE DEI MORALIZZATORI RETROCEDE NELLA GRADUATORIA DEI PAESI PIÙ CORROTTI. Non bastano gli impeachment per vincere la lotta al malgoverno

Gli ultimi di tanti
Gli ultimi di tanti

Nonostante l’impeachment di Dilma Rousseff e il conseguente retrocesso del Partido dos Trabalhadores (PT) nelle elezioni municipali di ottobre, il Brasile è sceso di tre posizioni nella graduatoria mondiale della corruzione. Le conclusioni rese pubbliche dalla ONG “Transparência Internacional” evidenziano che la lotta alla corruzione non si vince con il mero licenziamento di un gruppo di potere, come una parte della società brasiliana lascia intendere convinta dal discorso moralistico di chi ha gestito il paese nel corso dell’ultimo anno.

La classifica di 176 paesi redatta come d’abitudine da “Transparência Internacional” colloca il Brasile nella posizione numero 79ª con 40 punti – la media globale è di 43 punti – accanto a Bielorussia, Cina e India. La Danimarca è il paese considerato meno corrotto al mondo, seguito dalla Nuova Zelanda, Finlandia, Svezia, Svizzera, Norvegia, Singapore, Olanda, Canada e Germania. La posizione peggiore del rating è occupata dalla Somalia, preceduta di poco dal Sudan del Sud e dalla Corea del Nord.

Dallo studio della ONG possiamo trarre due conclusioni allarmanti per il Brasile. La prima: considerando gli ultimi cinque anni, il paese è uno di quelli che ha perso più posizioni per gli scandali di corruzione che hanno coinvolto a ripetizione politici e imprenditori di prima linea. Nel 2014 il Brasile occupava la 69ª posizione. “In Brasile, i casi di corruzione di vasta portata, come quelli di Petrobrás e di Odebrecht, mostrano che la collusione tra imprese e politici sottrae all’economia nazionale migliaia di milioni di dollari, utilizzati per beneficiare pochi a discapito della maggioranza”, si legge nel rapporto di “Transparência Internacional”. La seconda conclusione: nonostante il PT abbia un’enorme responsabilità nei casi attuali, la lotta alla corruzione trascende il suo semplice sradicamento.

Bruno Brandão, rappresentate di “Transparência Internacional” del Brasile, in un intervista per la BBC ha riconosciuto che lo schema Petrobrás riproduce un modello sistematico nei rapporti tra il settore privato e il potere pubblico: “Attraverso la corruzione, vengono create delle condizioni commerciali che privilegiano determinati gruppi e che non sono favorevoli all’interesse pubblico e all’economia in generale. Il fenomeno, di conseguenza, genera grandi distorsioni e disparità”.

Corruzione, disparità e violazione dei diritti umani. Le pagine del rapporto di “Transparência Internacional” sottolineano che la disparità si riflette in vari ambiti: dall’assegnazione di appalti, all’eliminazione della concorrenza tra imprese di differenti dimensioni, alla qualità dei servizi pubblici penalizzati dalla deviazione dei fondi. La concorrenza sleale, provocata dalla vendita dell’esclusività nella realizzazione di un opera pubblica, influenza significativamente la crescita e lo sviluppo di un paese. Secondo Brandão, senza una competizione per stimolare il miglioramento della qualità e la ricerca dell’eccellenza e dell’efficacia, si va verso il deterioramento dei servizi per la collettività. “Il disastro dell’infrastruttura in Brasile è il risultato di un ambiente completamente controllato da cartelli e corruzione, i quali generano un impatto enorme nello sviluppo economico e, di conseguenza, nella distribuzione delle ricchezze”.

Il caso di Petrobrás fa scuola: il costo della corruzione è stato stimato in 6 miliardi di dollari, fondi che avrebbero potuto essere utilizzati negli investimenti e che comporterebbero non solo lo sviluppo del paese, ma anche un gettito impositivo maggiore per le casse dello stato che poi rifluirebbe nei servizi pubblici.

L’esperto di “Transparência Internacional” in Brasile sottolinea che un impatto diretto di proporzioni ancora più ingenti sul fronte della disparità sociale può essere osservato nello schema corruttivo riscontrato nell’indagine chiamata Zelotes. Da quest’ultima è emerso un quadro di evasione fiscale che coinvolge gruppi che operavano nel Conselho Administrativo de Recursos Fiscais (Carf), organo vincolato al Ministério da Fazenda (Dipartimento del Tesoro). L’obiettivo dello schema era quello di eludere la riscossione d imposte arretrate o multe con il pagamento di tangenti.

“Transparência Internacional” giunge persino a stabilire nel suo rapporto un legame tra gli alti livelli di corruzione nel potere pubblico e la violazione dei diritti umani, e menziona come esempi le recenti stragi avvenute nelle prigioni del paese. “Una tragedia di questo genere può verificarsi solo per la corruzione a vari livelli, a partire dall’ingresso di armi all’interno di penitenziari, fino al coinvolgimento di governanti con il crimine organizzato”.

Molta strada da fare per combattere la corruzione. Nelle pagine del suo rapporto “Transparência Internacional” menziona anche i progressi ottenuti con le indagine che hanno scoperchiato quel ridotto di corruzione chiamato Lava Jato. “Il paese ha mostrato che, mediante il lavoro indipendente svolto da organismi responsabili nell’applicazione della legge, è possibile risalire alla responsabilità di coloro che prima erano considerati intoccabili”, afferma l’ONG nel resoconto che accompagna la classifica dei paesi corrotti e virtuosi. Riconoscendo poi che c’è ancora molta strada da fare. Non è un buon segno “La completa assenza del tema della corruzione nei discorsi del presidente (Temer) e nelle azioni del governo”, afferma Brandão, che segnala “il rischio reale di regredire”.

Quel che emerge con chiarezza è che il problema della corruzione va oltre l’impeachment di un presidente o di un partito e il rendersene conto deve rientrare, il prima possibile, nel processo di maturazione politica della società brasiliana.

Traduzione dal portoghese di Veronica Battista

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