PROCESSO CONDOR. Tra ergastoli e proscioglimenti l’Italia detta la sentenza di uno storico processo contro gli esponenti dei regimi militari latinoamericani

Delusione dell’Uruguay: assolti 13 dei 14 imputati
Delusione dell’Uruguay: assolti 13 dei 14 imputati

Otto condanne all’ergastolo, 19 assoluzioni e sei prosciolti per morte degli imputati. Si è concluso così il processo di primo grado celebrato a Roma per ex Capi di Stato ed esponenti delle giunte militari e dei servizi di sicurezza di Bolivia, Cile, Perù e Uruguay in carica tra gli anni ’70 e ’80. Erano tutti accusati di avere messo in atto una feroce e sistematica repressione nei confronti di tutti gli oppositori ai regimi militari.

Così, dopo nove anni di indagini e oltre 60 udienze in tribunale, i famigliari dei desaparecidos e i sopravvissuti hanno parzialmente avuto giustizia.

I condannati sono Luis Garcia Meza Tejada (ex presidente della Bolivia), Luis Arce Gomez (ex ministro dell’Interno Bolivia), Juan Carlos Blanco (ex ministro degli Esteri dell’Uruguay), Hernan Jeronimo Ramirez (Cile), Francisco Morales Cerruti Bermudez (ex presidente del Perù), Valderrama Ahumada (colonnello in congedo dell’esercito in Cile), Pedro Richter Prada (ex primo ministro del Perù) e German Ruiz Figeroa (ex capo servizi segreti Perù).

Il processo di primo grado si è aperto il 12 febbraio 2015, dopo una lunga indagine guidata dal procuratore Giancarlo Capaldo. Nella lista degli accusati presentata dalla pubblica accusa figuravano quasi 140 persone originarie di Argentina, Uruguay, Perù, Cile, Brasile, Paraguay e Bolivia. Ma, dopo la morte di alcuni e le difficoltà burocratiche, la lista si è ridotta a 33 nomi, calati ulteriormente a 27 nel corso del processo, a causa di sei decessi, l’ultimo dei quali quello del tenente generale Gregorio Álvarez, presidente e dittatore dell’Uruguay tra il 1981 e il 1985, avvenuto il 28 dicembre scorso, dopo che il pubblico ministero aveva già chiesto le condanne. Il generale stava già scontando una condanna per reati legati alla repressione durante il suo regime.

In particolare, il procedimento si è concentrato sulla scomparsa e l’uccisione di 42 giovani, tra cui venti italiani. Tranne l’uruguayano Jorge Néstor Troccoli Fernandez (assolto), residente in Italia dopo aver lasciato il suo Paese in fuga dalla giustizia, gli altri imputati non si sono mai presentati in aula, rappresentati da avvocati d’ufficio. A seguire i testimoni e i famigliari delle vittime ci ha pensato l’associazione 24marzo Onlus, presieduta da Jorge Ithurburu. Nel corso del processo sono state ascoltate le testimonianze di sopravvissuti e famigliari di desaparecidos, tra cui gli italo-uruguayani Bernardo Arnone, Daniel Banfi ed Héctor Giordano, dell’italo-cileno Omar Venturelli e dell’italo-argentino Lorenzo Viñas. Si è parlato di torture, omicidi e anche della pratica di sottrazione dei figli alle prigioniere incinte.

In Italia sono aperti altri procedimenti nei confronti di esponenti della giunta militare argentina accusata per la sparizione di alcuni attivisti di nazionalità italiana, ma i tempi della giustizia restano lunghi.

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