CUBA, LA DUBAI DEI CARAIBI? Secondo una compagnia petrolifera australiana l’Isola avrebbe grandi riserve di petrolio. Che potrebbero sostenere i cambiamenti in corso

Un tecnico posa per una foto (Reuters)
Un tecnico posa per una foto (Reuters)

C’è petrolio a Cuba? E in quantità sufficiente a cambiare il futuro dell’Isola in un momento di cambiamenti? Le speranze che sia così si sono accese dopo che la compagnia petrolifera MEO Australia Ltd ha riferito all’inizio di settembre di aver trovato petrolio leggero a una profondità tra i 2000 e i 3500 metri. C’è da dire che la compagnia australiana detiene già le maggiori concessioni su un settore dell’Isola conosciuto come Blocco di Prospezione 9, un’area di quasi tremila chilometri quadrati che si estende su vari municipi delle provincie di Matanzas e Villa Clara.

Le luci sono puntate adesso su un minuscolo villaggio sperduto nella regione centrale di Cuba, Motembo, poche centinaia di case costruite in stile sovietico a cui si arriva transitando per strade di terra. “Arrivando non c’è nulla che possa far pensare che sotto questi terreni coperti di sterpaglia si nasconda l’asso nella manica che potrebbe rappresentare il salvagente di una Cuba con seri problemi di approvvigionamento energetico” scrive il giornalista Ignacio Isla sulla rivista cubana “El Confidential”.

Vicino al paese di Motembo ci sono per l’appunto i giacimenti di Cárdenas e Varadero, i più produttivi di Cuba, e proprio al centro dell’immaginario quadrato, Motembo, uno dei primi terreni su cui sono state fatte prospezioni petrolifere nel continente americano. Ma con scarsi risultati considerata anche la dotazione tecnica a disposizione nell’epoca in sui sono avvenuti. Adesso le cose sarebbero diverse.

La compagnia petrolifera MEO Australia Ltd e il suo azionista di minoranza Leni Gas Cuba calcolano un potenziale di 8.200 milioni di barili, anche se il sito specializzato Align Research chiarisce che occorre più ricerca sismica per avere dati sicuri e che si sarebbe più vicini ai 395 milioni di barili di un petrolio comunque localizzato a scarsa profondità.

Il governo di Cuba non conferma e non smentisce ma c’è chi già fa calcoli se venisse confermato che in un punto della sua geografia sarebbe sotterrata una tale quantità di barili “di eccellente qualità”. Nell’elenco dei benefici ci sono migliaia di posti di lavoro, l’ingresso di capitali considerevoli e una modificazione sostanziale della bilancia commerciali dove l’importazione di petrolio pesa in maniera sostanziale.

Cuba produce all’incirca il 50 per cento del petrolio che consuma e la maggior parte – spiegano i tecnici – è un crudo vischioso ad alto contenuto sulfureo che ha bisogno di essere miscelato con un petrolio più leggero. Ma la natura, dopo la défaillance del Venezuela, potrebbe aiutare la transizione inaugurata da Raúl Castro.

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