ULTIMO VIAGGIO PER “LA BESTIA”. Il “treno della morte” che trasportava migranti verso la frontiera con il Messico andrà in pensione

Fine corsa
Fine corsa

“La Bestia” non farà più male. Il governo messicano ha sospeso la concessione data alla compagnia di trasporti Chiapas-Mayab. E la terribile linea in direzione Stati Uniti, cercata da tanti centroamericani che cercano fortuna – ma molto spesso trovano la morte – sarà solo un ricordo. Lo chiamano anche “il treno della morte”; qui avevamo raccontato alcune storie di fuggiaschi che, non riuscendo a saltare in tempo sui vagoni, o cadendo durante il tragitto, sono finiti travolti sulle rotaie, perdendo una gamba o un braccio. Senza contare quanti sono finiti nella rete delle bande dedite all’estorsione e al narcotraffico, che presidiano i territori lungo i binari: è del 23 agosto di sei anni fa la tragedia di San Fernando, con 72 migranti massacrati dalla criminalità organizzata, undici di loro ancora non identificati.

Proprio a ridosso di quella ricorrenza, “La Bestia” è andata in pensione per motivi di “interesse, utilità pubblica e sicurezza nazionale”, ha annunciato la Secretaría de Comunicaciones y Transporte del governo messicano. Il riferimento alle scorribande di criminali nell’area attorno alla linea – dal furto di materiali ai tentativi di salire clandestinamente sui treni – è detto chiaro e tondo. E gli investimenti dell’impresa, a partire da quelli sulla sicurezza, risulterebbero essere insufficienti.

Respinge ogni accusa, da parte sua, la compagnia di trasporti, che quella concessione l’aveva dal 1999 e contava di mantenerla, carte alla mano, fino al 2049. Una «mala broma», uno scherzo di pessimo gusto, lo definisce il legale Paulo Diez, sottolineando come da ben nove anni sia il Governo federale (e non più un’impresa privata) a essersi preso la responsabilità della linea ferroviaria che si trova oggi in pessime condizioni, costringendo i treni ad andare a velocità ridotta e, di conseguenza, agevolando gli assalti dei migranti. Lo stop alla concessione è «una persecuzione politica», insiste l’avvocato, annunciando azioni legali. «Se la compagnia è incapace di evitare che la gente salti sui vagoni, è un problema non solo suo, ma anche del Governo federale», ha aggiunto Martín Barrón Cruz, un accademico che ha elaborato uno studio a tal proposito, rifiutando la motivazione della “sicurezza nazionale” che d’altra parte, rimarca, dovrebbe riguardare anche i gestori delle autostrade, carenti in quanto a manutenzione Evidentemente, conclude, il metro di giudizio non è uguale per tutti. Intanto, si cerca di capire quali possano essere le nuove rotte dei disperati. Alcune sembrano già tracciate, per la selva de Chiapas o i percorsi, a dir poco proibitivi, attraverso Tabasco, Oaxaca e Veracruz.

Il treno della morte non ucciderà più. Ma il cammino verso la libertà è pieno di trappole, pronte a ostacolare i tanti centroamericani che fuggono da una vita senza futuro.

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