QUASI PRONTA LA SISTINA MESSICANA. MA IL PAPA NON LA VEDRA. La singolare impresa di un pittore di Città del Messico che da 14 anni lavora per riprodurre l’opera del Buonarroti

Miguel Francisco Macías sotto la volta del suo Giudizio Universale
Miguel Francisco Macías sotto la volta del suo Giudizio Universale

Un pensiero, c’è da giurarci, l’ha fatto. Che tutto potesse essere pronto per la visita del Papa a febbraio. E che l’illustre ospite, dopo la Madonna di Guadalupe, con un fuori programma dei suoi potesse benedire gli affreschi michelangioleschi che conosce in originale. Ma la sorpresa non ci sarà. Per la replica messicana della Cappella Sistina bisognerà aspettare ancora. Miguel, come il Buonarroti, ma Macías di cognome, stima che ci vorrà ancora del tempo per terminarla, dopo i 14 anni già impiegati per arrivare al punto in cui si trova oggi.

Don Miguel Francisco Macías alza la testa ed esamina il lavoro realizzato. La cupola trasuda colori e una fatica ostinata e quasi solitaria. All’esterno, nel quartiere Montezuma di Città del Messico, dove sorge la chiesa del Perpetuo Soccorso, il traffico è convulso e ignaro di quanto avviene tra le mura della cappella; all’interno il lavoro è alacre.Don Miguel Francisco Macías e i suoi aiutanti sono alle prese con il Giudizio Universale. Il modello romano, quello di Michelangelo, è stampato a fuoco nella mente del Miguel messicano da quando ha avuto modo di contemplarlo un giorno del 2000, l’anno di passaggio dal primo al secondo millennio che il papa regnante Giovanni Paolo II volle celebrare con uno speciale Giubileo.

La storia di Miguel Francisco Macías la racconta il settimanale dell’Arcidiocesi di Città del Messico “Desde la Fé” nel numero in circolazione. Trascorsi da cuoco, studi in disegno grafico che gli hanno dato da vivere fino al 2000, quando è arrivato il tempo della pensione. Ma non quello dell’ozio. Sessantasei anni all’epoca, per Macías, un giorno si è presentata una desiderata quanto inaspettata opportunità: quella di viaggiare a Roma per accompagnare il padre di un amico architetto. Mezzo biglietto pagato, il resto raggranellato mettendo mani ai risparmi e vendendo qualche oggetto di casa. Una volta nella Città Eterna la devozione di cattolico messicano lo spinge in pellegrinaggio nei luoghi anelati, la basilica vaticana, i musei, le tombe dei papi, la Sistina. La visione della Cappella con i suoi affreschi è una vera folgorazione di bellezza e armonia. “Il giorno che l’ho visitata”, ricorda con immutata emozione, “sono rimasto in contemplazione sino al momento di lasciare le sale, spinto fuori dal personale di servizio”. Fino a quando, nella caterva di sentimenti, prende forma una comparazione. “Ho notato che le dimensioni della cupola erano simili a quelle della mia parrocchia, Nuestra Señora del Perpetuo Socorro”. Miguel Macías organizza una prima verifica su due piedi. “Ho cominciato a misurare la sala a passi, camminando tra la gente”. Una e più volte. E’ scattata così una idea audace, custodita sino al ritorno. Con le dimensioni appuntate su un foglio Miguel Macías ha ripetuto le misurazioni nella cappella della propria parrocchia. “Tutto coincideva eccetto l’altezza, perché quella della Cappella Sistina è di 20 metri mentre qui, nel Perpetuo Soccorro è di 10, ma anche le curvature della cupola sono simili”. Fatti ulteriori calcoli e i debiti riporti metrici, per il Giudizio Universale c’erano a disposizione 630 metri quadrati di superficie, divisa in 14 moduli.

Miguel Macías scarta da subito la possibilità di dipingere con le spalle a terra come il pittore italiano. Il fisico – si rende conto d’immediato – non glielo consentirebbe. Decide di dipingere i moduli appoggiando la tela al suolo, con la tecnica dell’acrilico. E collocarli sulla volta come se fossero pezzi di un grande mosaico. “E’ un lavoro che faccio su di una piattaforma” questa sì simile a quella che dovette usare il genio del rinascimento, “lì trasporto le tele arrotolate e le colloco con un sistema di carrucole e cavi”. Non sono mancati incidenti e contrattempi, cadute, malattie, eventi che hanno determinato sospensioni e ritardi sulla tabella di marcia, ma non sono bastati a scoraggiarlo. Nel tendaggio con cui copre il lavoro della giornata il Michelangelo messicano ha appuntato un cartello: “No te rindas, Miguelito”.

Il giorno che ha collocato il primo quadro della Creazione, nel lontano 2002, è venuto il cardinale di Città del Messico Norberto Rivera Carrera e ha benedetto il lavoro. In momenti diversi nel corso degli anni, mentre nuovi tasselli si congiungevano tra loro e davano forma al capolavoro michelangiolesco in versione messicana, le visite illustri da tutta la Repubblica non sono mancate. I media, anche loro, di tanto in tanto sono accorsi per controllare come procede la duplicazione dell’opera artistica più universale: Tele Azteca, Televisa, i canali Once, 22, 40. Anche le telecamere della CNN, di Tele Mundo Miami, di televisioni di Spagna, Inghilterra, Germania hanno puntato gli obiettivi verso l’alto e posto domande all’infaticabile artigiano della bellezza.

Il sogno di Miguel Macías non è terminato e proseguirà dopo la visita papale. Confida di poterlo concludere in vita. Ha 70 anni non ancora compiuti. “Se Dio mi concede tempo e salute io penserò al resto” facendo allusione ai costi, che si è caricati sulle proprie spalle con l’aiuto di amici. Un’anziana signora – racconta – gli porta 250 pesos messicani ogni volta che incassa la pensione. Intanto con la mente va al passo che l’aspetta: il Giudizio Universale.

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