MISSIONE IMPOSSIBILE. Due fratelli di don Dordi non danno il permesso per trasferire i resti in Perù. Ma la beatificazione del missionario assassinato da Sendero Luminoso si farà in ogni caso

Michael Tomaszek, Zbigniew Strzalkowski e don Alessandro Dordi (con gli occhiali)
Michael Tomaszek, Zbigniew Strzalkowski e don Alessandro Dordi (con gli occhiali)

Niente da fare. I fratelli del quasi beato Alessandro Dordi, due su sette per essere precisi, non ne hanno voluto sapere di autorizzare l’esumazione dei resti mortali ed inviarli in Perù perché la cerimonia di beatificazione potesse svolgersi con tutti i crismi come previsto dalle norme della Congregazione per le cause dei santi in questi casi. Neppure il vescovo emerito di Chimbote Luis Bambarén Gastelumendi che aveva viaggiato in Italia, a Bergamo, per cercare di convincere i due fratelli c’è riuscito. “E’ stata una missione impossibile” ha riconosciuto il vescovo di Chimbote, monsignor Ángel Francisco Simón Piorno: “anche la legislazione italiana esige l’unanimità del famigliari per autorizzare il procedimento di espatrio” ma unanimità non c’è stata giacché due fratelli minori si sono opposti, argomentando che il governo peruviano non ha reso giustizia al fratello maggiore.

Il 5 dicembre però la cerimonia di beatificazione verrà comunque fatta; basteranno le reliquie lasciate dal sacerdote italiano assassinato dai guerriglieri di Sendero Luminoso il 25 dicembre del 1991 lungo il Rio Santa, assieme a due confratelli uccisi qualche giorno prima, e anch’essi nella terna che dovrà essere proclamata beata. Il 13 ottobre, martedì, verrà effettuata la riesumazione dei corpi dei sacerdoti francescani polacchi Michael Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski, nella località di Pariacoto in Perù: “E’ già tutto pronto per trasferirli nelle nuove tombe del Santuario dei Martiri della stessa località” ha fatto sapere monsignor Simón Piorno che presiederà la cerimonia.

Anche nel caso di del sacerdote italiano vissuto 11 anni in Perù, dov’era giunto nel 1980, all’età di 49 anni, non c’è stato bisogno del miracolo per poter dare il passo verso gli altari. Il martirio in odium fidei è stato comprovato dalle stesse dichiarazioni rese da membri di Sendero Luminoso tuttora in carcere o anche a piede libero che hanno indicato nella fede del sacerdote la ragione della sua eliminazione. C’è da dire che don Alessandro Dordi era cosciente del pericolo che correva restando nella parrocchia delle Ande. Dopo l’esecuzione dei due missionari polacchi agli inizi di agosto comparvero delle scritte contro di lui. Della minaccia c’è riscontro in una lettera di don Dordi ad un amico sacerdote: «In questi giorni siamo particolarmente angosciati e preoccupati. Sicuramente hai saputo come il 9 di agosto Sendero Luminoso ha ammazzato due sacerdoti della Diocesi di Chimbote. Sono due francescani polacchi che lavoravano in una vallata come la mia: avevano 32 e 34 anni. Puoi immaginare la situazione di ansia in cui viviamo; ci sono inoltre delle minacce chiare di prossime uccisioni. Sendero Luminoso, che con il terrore vuole arrivare al potere, ha preso di mira la Chiesa… La situazione del Perù è angosciosa. Ogni giorno ci chiediamo: a chi toccherà oggi?». La risposta alle sue paure, non si farà attendere a lungo. La domenica 25 agosto 1991 alle ore 17,15 mentre don Alessandro Dordi sta tornando dopo aver celebrato la Messa in un villaggio, per recarsi in un altro accompagnato da due catechisti, trova bloccata la strada da due grosse pietre; sceso dal mezzo viene fermato da due uomini incappucciati, uno con il fucile e l’altro con la pistola. Inutili le sue richieste di essere risparmiato, i due catechisti, allontanati, sentono gli spari.

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