LA “NUOVA EVANGELIZZAZIONE” SECONDO FRANCESCO. Contenuti concreti per riprendere una proposta ecclesiale caduta nell’oblio

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A Quito, Papa Francesco ha pronunciato tre importanti allocuzioni, chiare e lucide, intense e in molti passaggi originali. Nella sua omelia della Santa Messa celebrata nel Parco del Bicentenario, presenti almeno un milione mezzo di persone, il Papa ha illustrato un pensiero, un insegnamento, veramente “rivoluzionario”. Il Pontefice ha detto: “E l’evangelizzazione può essere veicolo di unità di aspirazioni, di sensibilità, di sogni e persino di certe utopie. Certamente lo può essere e questo noi crediamo e gridiamo.”

Concludendo l’omelia Francesco ha aggiunto: “L’uomo donandosi si incontra nuovamente con sé stesso, con la sua vera identità di figlio di Dio, somigliante al Padre e, in comunione con Lui, datore di vita, fratello di Gesù, del quale rende testimonianza. Questo significa evangelizzare, questa è la nostra rivoluzione – perché la nostra fede è sempre rivoluzionaria – questo è il nostro più profondo e costante grido.”

Nelle parole del Papa si può leggere un contenuto che forse nel passato è mancato all’esortazione sulla “Nuova evangelizzazione” (lanciata da Giovanni Paolo II in America Latina) alla quale spesso, per anni, non si è riuscito a dare un contenuto solido, originale e convincente. La dicitura, per molti anni, è stata ripetuta in modo retorico, quasi come una formula rituale, al punto che gradualmente cadde nell’oblio.

Forse, ora, Papa Francesco è riuscito a definire i contenuti ultimi di ciò che sarebbe una vera e autentica, reale e concreta, “Nuova Evangelizzazione”. Ecco le sua parole: “Già ho avuto modo di dire: «Mentre nel mondo, specialmente in alcuni Paesi, riappaiono diverse forme di guerre e scontri, noi cristiani insistiamo nella proposta di riconoscere l’altro, di sanare le ferite, di costruire ponti, stringere relazioni e aiutarci a portare i pesi gli uni degli altri» (ibid., 67). L’anelito all’unità suppone la dolce e confortante gioia di evangelizzare, la convinzione di avere un bene immenso da comunicare, e che, comunicandolo, si radica; e qualsiasi persona che abbia vissuto questa esperienza acquisisce una sensibilità più elevata nei confronti delle necessità altrui (cfr. ibid., 9). Da qui, la necessità di agire per l’inclusione a tutti i livelli, evitando egoismi, promuovendo la comunicazione e il dialogo, incentivando la collaborazione. «Bisogna affidare il cuore al compagno di strada senza sospetti, senza diffidenze … Affidarsi all’altro è qualcosa di artigianale, la pace è artigianale» (ibid., 244). E’ impensabile che risplenda l’unità se la mondanità spirituale ci fa stare in guerra tra di noi, alla sterile ricerca di potere, prestigio, piacere o sicurezza economica.”

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