I MARTIRI DI LA RIOJA. Due preti e un laico uccisi durante la dittatura argentina. Le carte in viaggio verso Roma. Nelle mani del vescovo di La Rioja, che racconta: il Papa ci ha mandato la copia delle lettere scomparse di Angelelli

Processione in ricordo dei sacerdoti Carlos de Dios Murias e Gabrielle Longueville
Processione in ricordo dei sacerdoti Carlos de Dios Murias e Gabrielle Longueville

La notizia la lascia per ultima. Le due lettere che il vescovo argentino Angelelli aveva con se al momento di essere assassinato, erano state mandate in copia al Vaticano alcuni giorni prima e sono le stesse che il Papa gli ha mandato e che lui ha fatto avere al tribunale che ha condannato all’ergastolo i militari Menéndez, Estrella e Vera nel febbraio del 2013. “Nella causa di Mons. Angelelli è stata decisiva l’incorporazione di due documenti che il Papa ci ha inviato perché li presentassimo davanti ai tribunali argentini” afferma. Adesso sappiamo che erano in Vaticano e che mandandoli il Papa aveva anticipato la decisione che avrebbe annunciato in questi giorni, di aprire gli archivi relativi agli anni della dittatura in Argentina. Monsignor Marcelo Colombo, vescovo di La Rioja, grande propugnatore della causa del vescovo Angelelli che da una settimana è entrata nella fase romana non si sbilancia. “Non conosco i dettagli concreti di questo provvedimento ma pensò che se sarà un po’ come quando in Argentina sono stati aperti gli archivi di Stato, sarà un lavoro intenso di declassificazione di materiali che prenderà il suo tempo”. Poi passa a qualcosa che gli sta a cuore, il processo per presunto martirio di due sacerdoti amici di Angelelli, Marias e Longueville uccisi il 18 luglio del 1976 assieme ad un laico, Pedernera. Proprio oggi – venerdì 15 maggio – si è chiusa la fase diocesana del processo di beatificazione e l’arcivescovo di La Rioja sta per viaggiare a Roma per mettere tutto nelle mani della competente Congregazione e del Papa. E’ soddisfatto del lavoro svolto.

“Questa prima tappa che si conclude è stata caratterizzata dalla ricompilazione di tutti gli elementi informativi sulla vita di questi nostri fratelli assassinati, sull’esercizio del loro ministero e sulle circostanze tragiche che hanno fatto da contorno alle loro morti. Quella di padre Gabriel Longueville, un sacerdote francese, missionario tra di noi, parroco a Chamical, un uomo semplice, un buon pastore, affabile e impegnato con il suo popolo. Era venuto dal suo paese natale per mettersi al servizio della gente del popolo. Ha scelto lui di accompagnare frate Carlos quando lo sono venuti a cercare i suoi assassini, in quella fredda notte di luglio. E quella di frate Carlos Murias, un giovane sacerdote francescano conventuale, entusiasta, appassionato del Regno di Dio, che cercava con la sua vita di fede di ottenere una vita degna per tutti. Tutte due, Longueville e Murias, sono stati trovati con vari colpi in corpo ad alcuni chilometri da Chamical. Una settimana dopo assassinavano davanti alla sua famiglia, a Sañogasta, a Wenceslao Pedernera, un giovane contadino anche lui molto impegnato con la causa del vangelo tra i poveri lavoratori rurali. I tre facevano parte della missione della Chiesa di La Rioja, strettamente uniti al loro pastore, monsignor Enrique Angelelli. La Chiesa di La Rioja viveva pienamente il rinnovamento conciliare suscitato dal Vaticano II. Con la conseguenza che c’erano tanti che si sentivano contrariati da questa identificazione della nostra Chiesa con i poveri e al servizio del Popolo di Dio. L’istruzione della commissione diocesana che ha portato avanti il processo di questi nostri fratelli è stata molto minuziosa a questo riguardo. Anche per questo abbiamo una fondata speranza nella nuova tappa che adesso avrà luogo a Roma, nella Congregazione per la Causa dei Santi.

Sappiamo che lei personalmente, tra qualche giorno, porterà a Roma le risultanze del lavoro della commissione diocesana e le metterà nelle mani della Congregazione per le cause dei Santi. Ne parlerà anche con il Papa?

Sarà l’occasione per esprimergli l’affetto del popolo di La Rioja e la nostra gratitudine per la vicinanza che ha sempre avuto. Nella causa di Mons. Angelelli è stata decisiva l’incorporazione di due documenti che il Papa ci ha inviato perché li presentassimo davanti ai tribunali argentini. Come vediamo dai giornali sappiamo che il Papa segue con grande attenzione la nostra realtà nazionale. Anche se adesso tutta la vita dell’umanità è nel suo cuore di pastore, noi sappiamo di essere nella sua paterna preghiera quotidiana.

Lei arriverà a Roma il 25 maggio…

Sì, lunedì…

 … dopo una tappa a San Salvador per la beatificazione di monsignor Romero sabato 23.

Effettivamente nel camino verso Roma mi fermerò un giorno a San Salvador per condividere con il popolo salvadoregno e la Chiesa latinoamericana la nostra allegria per la beatificazione di Mons. Romero. In compagnia di tanti sacerdoti, vescovi, e delegati di vari paesi del nostro continente, che saranno lì.

Perché ha deciso di andarci? Vede qualche analogia tra il caso di monsignor Angelelli e quello di Romero?

Monsignor Angelelli con la sua morte ha anticipato drammaticamente quello che quattro anni dopo sarebbe successo in Salvador. Nei due casi si vede chiaramente la decisione criminale di far tacere la voce del pastore per impaurire il popolo di Dio e mutilare la missione di una Chiesa al servizio dei poveri, impegnata con la loro dignità.

Si sta parlando di aprire gli archivi vaticani – il Papa ha già dato disposizioni in questo senso – per mettere a disposizione il materiale che può aiutare a chiarire casi di desaparecidos o di trafugamento di bambini negli anni del processo. Trova che sia una buona decisione?

Tutto quello che potrà contribuire a far conoscere la verità su quel periodo della nostra storia nazionale sarà molto importante. Non conosco i dettagli concreti di questo provvedimento del Santo Padre ma penso che se sarà un po’ come quando in Argentina sono stati aperti gli archivi di Stato, sarà un lavoro intenso di declassificazione di materiali che prenderà il suo tempo.

Pensa veramente che possa aiutare a chiarire delle situazioni oscure? E nel caso di monsignor Angelelli o degli stessi sacerdoti Murias e Longueville pensa che negli archivi possa esserci qualcosa di utile?

Nel nostro caso il Papa ci ha mandato quelle due lettere che sono state trovate e che ho presentato al Tribunale Federale. Nell’archivio della nostra curia sono ben conservate le lettere scritte da Mons. Angelelli o indirizzate a lui riguardo agli avvenimenti drammatici che viveva la nostra diocesi in quegli anni. Mancavano quelle lettere che il vescovo aveva con sé quando lo uccisero. Abbiamo saputo che una copia di queste lettere era stata mandata a Roma alcuni giorni prima e ne abbiamo avuto conferma quando il Papa ci ha mandato questa documentazione. In una venivano formulate delle minacce…

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