CAPODANNO CON LA GUERRIGLIA. Festa, shopping e ultimi giorni di guerra. Reportage dal cuore della selva colombiana

Quotidianità- Foto: Ramon Campos Iriarte
Quotidianità- Foto: Ramon Campos Iriarte

E’ il 31 di dicembre in uno degli innumerevoli villaggi dell’oblio che per secoli sono rimasti perduti nelle foreste del sudest colombiano. Qui non ci sono strade né sentieri, solo fiumi e canali. Non c’è energia elettrica, né acquedotto, né presidi sanitari, né segnali di alcun progresso. L’orologio segna mezzogiorno e il calore è implacabile. Varie decine di giovani incominciano ad arrivare in barca alle entrate del villaggio. Vestono abiti civili e usano stivali di gomma. Non i classici Machitas ma quelli di marca Venuz, equatoriani, stretti ai polpacci, dettaglio fondamentale per le marce nel fango, come ha scoperto a suo tempo l’M-19 (Movimento 19 aprile), all’avanguardia in tema di “moda rivoluzionaria”, che li ha importati in quantità per il popolo della guerriglia. Sono guerriglieri delle FARC-EP (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane – Esercito del Popolo) e dell’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) che vengono a fare gli acquisti di Natale. Le donne comprano il ‘look’ per la festa di fine anno: una camicia o scarpe da tennis, una collana o un profumo, nei due negozi di articoli vari del villaggio, con un assortimento piuttosto limitato di articoli cinesi tra i quali predomina il fucsia e il verde fosforescente. Intorno al tavolo del parco centrale, gli uomini bevono un paio di birre e fanno telefonate dall’unico cellulare con antenna che c’è nella zona. Molti si ritrovano con la fidanzata, la mamma o con fratelli e amici. Pochi sono armati e non c’è sensazione di pericolo. Alcune ore più tardi i ribelli escono dai locali, si raggruppano, salgono sulle barche – pangas, nel dialetto locale – che li hanno portati qua e si perdono nel fiume. Quelli dell’ELN vanno da una parte e quelli delle FARC dall’altra. Tra i membri delle due organizzazioni c’è un clima cordiale: si prendono in giro, si salutano e si augurano buon anno.

Si sta facendo buio e arriviamo a un campo improvvisato nel mezzo di un labirinto di canali che formano una rete stradale acquatica nel mezzo della foresta. Qui si svolge la festa di alcune unità di guerriglia che operano nella zona.

Territorio, fumigazioni ed espansione guerrigliera. Simón, che abbiamo conosciuto un paio di giorni fa in una riunione per discutere l’accesso alla zona, è uno dei cinque comandanti delle strutture che costituiscono il Fronte di Guerra Occidentale (FGO) dell’ELN. E’ una persona affabile. Si notano le sue origini cittadine, dato che parla come “noi”, quelli della minoranza istruita colombiana. Ci sediamo a parlare e una guerrigliera che si rivolge a Simón chiamandolo “vecchio” ci porta un tamal enorme e un piatto di crema (le guerrigliere più volenterose hanno passato tutto il pomeriggio a cucinare per la festa). Simón dice che in questa regione, “vecchio” ha una connotazione di rispetto gerarchico verso i più anziani.

“Come va la guerra, Simón?” —gli chiedo. “La guerra va bene, fratello —risponde ridendo—, anche se suona male, perché nessuna guerra va bene, mai. Dico che va bene perché quest’anno che oggi chiudiamo ha un bilancio molto positivo per l’organizzazione, e in modo speciale per il FGO”. Mi spiega che nel 2014 le fumigazioni del governo sono aumentate e hanno danneggiato in forma diretta la popolazione: la fumigazione indiscriminata distrugge le coltivazioni legali e illegali della gente, inquina i fiumi e fa ammalare i bambini. La mancanza di ospedali a cui recarsi, l’assenza di aiuti per compensare la perdita delle semine di mais o di ananas, bruciate dal glifosato, e il terrore che suscita la scorta armata degli odiati aerei pesticidi sono capitalizzati dai gruppi sovversivi che godono di legittimità e dell’appoggio della popolazione e si beneficiano con un flusso constante di volontari nella zona. “Gli errori del governo si trasformano in vittorie per noi”, dice Simón, che assicura che sono numerosi i bollettini di guerra che riportano vittorie. Il FGO è tornato a Risaralda e a Caldas, e le truppe non soffrono per non tener acceso al cibo o ad altri elementi di base per la vita nella foresta. In gran parte della zona costiera colombiana del Pacifico, i livelli di povertà sono i più elevati del paese. Secondo le cifre ufficiali, quasi la metà della popolazione del dipartimento di Chocò vive in condizioni di estrema povertà, e circa l’80% non ha acceso nemmeno all’acqua potabile. La festa si anima. Scorrono l’aguardiente e la birra, e Arelis, la comandante di squadra responsabile della celebrazione, con il revolver alla cintura, manovra il telecomando dell’apparecchio audio accettando richieste musicali speciali. Sono circa le nove di sera. “Andiamo a un’altra festa”, mi dice Simón.

Capodanno nella foresta. Saliamo un’altra volta sulle barche e non posso evitare di pensare che fare “barhopping” con guerriglieri nella foresta è la cosa più hipster che abbia fatto nella vita. Ci addentriamo ancora di più nella foresta e navighiamo alla luce della luna che illumina come una lampadina gigante. Qualcuno commenta a bassa voce: “non dovrei dirle questo, ma sembra che il primo comandante del FGO si trovi lì dove stiamo andando”. Nervosismo. Arriviamo a qualcosa che non avrei dubbi a definire come “un villaggio guerrigliero”: circa duecento persone festeggiano nella piazza e già non si distingue quali sono i ribelli e quali no. Lì vivono le persone dell’ELN e le loro famiglie, con le loro case, i loro figli e i loro nonni. E’ una festa di quartiere, di porte aperte e apparecchi audio rivolti verso l’esterno, come se si stesse facendo una guerra di watt. Siamo seduti con Simón e un’altra comandante nella sala di una casa quando un guerrigliero entra dalla porta posteriore, attraversa il salone camminando rapidamente e chiude la porta principale. Immediatamente dopo, entra un pastore tedesco, molto imponente, annusando tutto al suo passaggio. Non ho il tempo di reagire, quando dal buio emerge una figura grande che cammina pesantemente, con altri quattro o cinque guerrieri che lo seguono: è il cosiddetto ‘Sandino’, il numero uno del FGO, e uno dei comandanti più importanti della guerriglia colombiana. ‘Sandino’ è affabile e attento. Saluta tutti con un abbraccio, si siede, si toglie i suoi stivali Venuz, e tira fuori un paio di pantofole da una specie di cestino mimetico dove porta anche una pistola compatta e un caricatore. Dopo un po’ verso le undici, ci spostiamo alla discoteca locale. Il comandante balla con sua moglie tra la gente, al ritmo di salsa, merengue e di corridos guerriglieri, accompagnato da un flusso costante di dosi di aguardiente e di rum. In una pausa del ballo, rivolgo al comandante una domanda sul suo pastore tedesco, che non smette di stupirmi, sempre al suo fianco senza battere ciglio. “Si chiama Pola, per Policarpa Salavarrieta —mi dice Sandino—, ed è l’amica più fedele che si possa avere. La notizia di quello che è successo a ‘Iván Ríos’ ha spinto tutti noi comandanti a pensare: possiamo fidarci della nostra gente più vicina? Pola dorme al mio fianco, e durante la notte sta attenta a tutto quello che si muove intorno alla capanna. Nessuno entra nella tenda senza che io me ne renda conto”. Nel mezzo della conversazione si ascolta una raffica di fucile e immediatamente penso a correre verso uno dei dieci nascondigli che ho più che programmato da quando è arrivato il comandante, e mi aspetto che una bomba da 300 kg., di quelle che l’esercito lancia contro i guerriglieri quando dormono (o quando fanno festa), potrebbe atterrare sulla mia testa da un momento all’altro. È mezzanotte, e un guerrigliero ubriaco ha deciso di sparare qualche pallottola. Buon anno, abbraccio il comandante.

I negoziati. La festa continua ben animata e ne approfitto per parlare dei negoziati. Simón confessa che l’ELN segue da vicino il processo de La Avana, ma prendono distanze dallo schema pianificato dalle FARC e dal Governo, perché sentono che il modello economico del paese resta blindato a riforme strutturali e questo, per loro, è un dato irremovibile che sottrae validità alla trattativa. “Noi siamo disposti a conversare —dice Simón con interesse—, e vedere fino a che punto arriviamo. L’errore è pensare che quello che si sta negoziando è deporre le armi, mentre rimane intatta la disuguaglianza che c’è nel paese: il problema non sono le armi, perché se noi le consegniamo e non si risolve la crescente ingiustizia che regna in Colombia, qualcun altro verrà dietro di noi e le riprenderà”. L’annuncio non autorizzato dei negoziati con l’ELN che ha fatto il presidente Santos alla vigilia delle elezioni è stato interpretato dal Comando Centrale come una mancanza di rispetto verso le condizioni di segretezza concordate con il Governo. Per questo, i negoziati sono iniziati in un clima di sfiducia. Il buon momento che apparentemente attraversa il FGO costituisce inoltre un incentivo per mantenersi nella sua posizione di non negoziare una deposizione delle armi senza grandi impegni da parte del presidente Santos: il tema della difesa del territorio dove si sono insediati stabilmente ha un gran peso perché, secondo i guerriglieri, un vuoto di potere in queste terre renderebbe imminente un’avanzata dei paramilitari che oggi sono stanziati a Buenaventura e comandano in buona parte dell’Occidente colombiano. “Si noi non ci manteniamo fissi nella nostra posizione —interviene Martha, una comandante che ci accompagna—, e cediamo a un negoziato che non cambi la struttura sociale del paese, a cosa servono 50 anni di lotta? A cosa servono tutti i nostri morti?”.

Albeggia e torniamo al campo. Per farsi passare la sbronza, un piatto di stufato. Una a una, le unità guerrigliere si riarmano e tornano alle loro postazioni nella foresta. Ci accomiatiamo da Simón, Arelis e il resto dei guerriglieri. Il 2014 finisce ed inizia un altro anno di guerra nelle foreste della Colombia.

*Giornalista e saggista.

L’autore di questa cronaca – pubblicata dalla rivista colombiana Semana – ha trascorso le feste di fine d’anno in un campo di guerriglieri. Questa è la sua testimonianza.

Traduzione dallo spagnolo di Francesca Casaliggi

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