I GUARANÍ E L’INVENZIONE DEL CALCIO. “Manga ñembosarai”: così lo chiamavano gli indigeni del Paraguay agli inizi del XVI secolo

Pittura in una missione gesuitica con i Guaraní che giocano a calcio nella piazza del villaggio
Pittura in una missione gesuitica con i Guaraní che giocano a calcio nella piazza del villaggio

Dove è cominciato tutto? Chi è stato il primo a far rotolare una palla a terra e a corrergli dietro assieme agli amici in quello che sarebbe diventato lo sport più popolare al mondo? I risultati delle ricerche di Bartolomeu Meliá sono incredibili quanto affascinanti. Questo gesuita spagnolo, uno dei massimi etnologi viventi di cultura Guaranì del Paraguay, sostiene che il calcio sarebbe stato inventato proprio dagli indigeni di questo angolo di America del Sud, “La terra senza male” come la chiamava Augusto Roa Bastos, il più importante scrittore del Paraguay moderno, da una tribù di guerrieri, accolti all’interno della missione dei gesuiti di San Ignacio Guazú, la prima di tutto il paese.

Indietro le lancette dei nostri orologi. Ben oltre l’Ottocento del verde dei campi dell’Inghilterra vittoriana. Duecento anni prima degli eleganti uomini in tight, che ebbero solo successivamente il merito di consolidare e stabilire le regole di questo sport. L’avventura del calcio pare dunque nata oltreoceano, dentro una storia semplice di uomini che vivevano il loro quotidiano. Dopo la Messa della domenica i Guaranì si radunavano, si dividevano in due squadre e giocavano con un pallone di gomma, poi di cuoio, toccandolo solo con i piedi, in modo molto simile a un’odierna partita di calcio. Perdeva la squadra che si stancava per prima. Premio alla resistenza. Niente di più facile, come in mezzo a un manipolo di bambini.

Alla base di questa idea troviamo El tesoro de la lengua Guaranì, un antico lessico pubblicato nel 1639 da un altro gesuita, Antonio Ruiz de Montoya, nel quale sono attestati diversi termini tecnici riferiti al gioco del calcio, tra cui “manga ñembosarai”, che sembrerebbe voler dire “gioco del pallone con i piedi”. Indizi di certo significativi. E ancora, un secolo e mezzo più tardi il confratello José Cardiel registra nel suo Las misiones del Paraguay (1771) altri particolari circa lo svolgimento delle partite, come la rimessa in gioco, per non parlare di innumerevoli annotazioni nelle “carte annuali” che i gesuiti inviavano ai loro superiori come relazioni delle attività svolte nelle missioni.

È tuttavia possibile affermare in modo inoppugnabile che siano stati proprio i Guaranì a inventare per primi il gioco del calcio e non lo abbiano invece appreso dai Gesuiti stessi? Sembra di no, dal momento che Meliá registra come in Brasile sia stata scoperta una tribù che non ha mai avuto contatti con altre civiltà e che giocava nello stesso modo descritto nei testi Guaranì.

Sulla scia della tesi di Meliá, il regista paraguayano Marcos Ybañez ha realizzato Los guaraníes inventaron el Fútbol, un documentario di 11 minuti – tanti quanti i giocatori di una comune squadra di calcio – prodotto dalla Segreteria Nazionale della Cultura del Paraguay e presentato lo scorso mese di agosto nel corso del festival del cinema indipendente di Mar della Plata in Argentina. La risonanza è stata tale che la settimana scorsa Veronica Smink della BBC gli ha dedicato un articolo rilevante, dove trovano spazio anche alcune dichiarazioni di Máximo Génez, consigliere comunale e membro della comunità Guaranì di San Ignacio, che ha studiato a lungo le origini del suo popolo. Secondo lui il passaggio di consegne tra i Guaranì e gli inglesi sarebbe avvenuto in un momento imprecisato quando gli spagnoli trasferirono alcuni indigeni Guaranì in Spagna e qualche “turista d’oltremanica” avrebbe visto casualmente questi uomini giocare a un nuovo e coinvolgente gioco. Di seguito la storia più recente, quella che conosciamo meglio. Nel 1863 arrivò la regolamentazione ufficiale da parte della Football Association (FA), la più antica associazione nazionale di calcio, la nascita dei primi team in Inghilterra e poi, rapidamente, in tutta Europa. Al di là delle inequivocabili differenze tra il calcio delle origini e quello attuale, gli abitanti di San Ignacio Guazú ritengono che la loro cittadina debba avere il giusto riconoscimento ed essere considerata a tutti gli effetti come la patria del calcio moderno.

Da ricordare che la notizia circa le probabili origini del calcio non è del tutto una novità dell’ultima ora. Già nel giugno del 2010, durante i mondiali in Sudafrica, l’ “Osservatore romano”, il quotidiano della Santa Sede, pubblicava un ampio articolo di Giampaolo Romanato intitolato Cuando los guaraníes inventaron el fútbol, che riconosceva di fatto al Paraguay la paternità del calcio. La rivelazione cavalcava l’attesa di quei giorni, quando la nostra nazionale avrebbe esordito nel suo girone proprio contro il paese sudamericano. L’articolo si concludeva sostenendo che probabilmente i Guaranì giocavano già una forma “moderna” di football e che sarebbero dovuti essere considerati a pieno titolo i discendenti diretti degli inventori del gioco più bello del mondo. Un gioco antico forse come il mondo; nato, come per magia, in una terra lontana alla fine del mondo.

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