SCINTILLE DA ACCHIAPPARE. Come lucciole nelle mani di un bambino

Lucciole3

Papa Francesco è un fiume in piena. Non si stanca di comunicare quello che vive, la sovrabbondanza di un rapporto che lo rende libero e lieto, pieno di vita. É abbastanza inevitabile quindi che tanti in un modo o nell´altro cerchino di farsi interpreti del suo pensiero. Sinceramente io ho un certo timore nel definire qualcosa di questo uomo che ci supera sempre da tutte le parti. Si sente spesso dire: “il Papa vuole dire questo…”, “il tratto caratteristico di questo Papa è questo..”: vaticanisti, giornalisti, teologi, tutti evidentemente che cercano di svolgere al meglio il loro lavoro, magari volendo realizzare lo scoop dell´anno. Volere “spiegare” Papa Francesco è veramente un compito difficile perché quanto più una persona che ci è messa davanti mostra la sua irriducibilità, la sua originalità, potremmo dire il suo essere pieno di Spirito Santo, meno la si può “comprendere”, nel senso di chiudere in definizioni, in spiegazioni. Dovremmo imparare dal popolo semplice. Come il Papa ci ha fatto vedere – e lo si può osservare chiaramente qui in Brasile andando ad Aparecida – quello che più desidera il popolo semplice è guardare, toccare per farsi guarire, imparare, “stare con lui”.

La cosa più imponente che io vedo è il nascere e lo svilupparsi di un dialogo. Ogni giorno ho la possibilità di stare davanti a qualcosa che questo uomo mi dice e ho la possibilità di farmi provocare, di conoscere cose nuove e metterne in crisi altre magari già un po´ vecchie. Le omelie della messa mattutina nella cappella di casa Santa Marta sono un esempio di questo dialogo dove io mi sorprendo a guardare, ad essere provocato, un po´come gli apostoli quando stavano con Gesù nei momenti normali della loro vita, camminando per le strade o mangiando insieme. Papa Francesco mi fa conoscere Gesù nella normalità della vita, come quando, ad esempio, ci ha parlato dello stupore:

“Lo stupore è una grazia grande, è la grazia che Dio ci dà nell’incontro con Gesù Cristo. E’ qualcosa che fa sì che noi siamo un po’ fuori di noi per la gioia … non è un mero entusiasmo”, come quello dei tifosi “quando vince la loro squadra”, ma “è una cosa più profonda”. E’ fare l’esperienza interiore di incontrare Gesù vivo e pensare che non sia possibile: “Ma il Signore ci fa capire che è la realtà. E’ bellissimo!”. Dopo lo stupore, dunque, c’è la consolazione spirituale e alla fine, “ultimo scalino”, c’è la pace. “Sempre, un cristiano anche nelle prove più dolorose, non perde la pace e la presenza di Gesù” e “con un po’ di coraggio” può pregare: “Signore, dammi questa grazia che è l’impronta dell’incontro con te: la consolazione spirituale” e la pace. Una pace che non si può perdere perché “non è nostra”, è del Signore: la vera pace “non si vende né si compra. E’ un dono di Dio”, perciò – conclude il Papa – “chiediamo la grazia della consolazione spirituale e della pace spirituale, che incomincia con questo stupore di gioia nell’incontro con Gesù Cristo. Così sia”. (04/04/2013)

“Tamquam scintillae in arundineto”, dice la Bibbia nel libro della Sapienza, i giusti saranno come scintille in un campo di stoppie. Ricordo una cosa che ho imparato da Don Giussani quando diceva che in un dialogo “quello che deve rimanere sono le scintille: devono essere acchiappate come lucciole nelle mani di un bambino”. In questo dialogo fatto di tante espressioni, parole, pensieri, accadono queste “scintille”, momenti in cui sono stato e vengo colpito particolarmente, dei momenti di corrispondenza che arrivano fino al cuore e generano un´amicizia e una figliolanza imprevista. Queste “scintille” potrebbero poi svanire nel nulla, come tante cose belle che ci colpiscono e per questo non basta vederle, dice Don Giussani, “devono essere acchiappate come lucciole nelle mani di un bambino”. Quindi ci vuole un lavoro, ci vuole la mia umanità, ci vuole la mia semplicità perché diventino esperienza. E così vedo che si cammina insieme, e, come dice sempre lui, si va avanti!

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