IL MOVIMENTO ZAPATISTA OGGI. Autogestione, buon governo, educazione… e una scuola con il passamontagna nel Chiapas

Una scuola zapatista
Una scuola zapatista

Cosa ne è stato del movimento zapatista che a metà degli anni 90 ha fatto tremare il governo messicano di Ernesto Zedillo? E del suo celebre sub-comandante con il passamontagna nero? A dispetto di quel che si può pensare è in buna salute, assicurano i diretti interessati e chi viaggia per la selva Lacandona a visitarli. Solo si è internato come un fiume carsico, sparito agli occhi dei media che li vezzeggiavano, ed è risalito in superficie riconquistando i pueblos indigenas del Chiapas meridionale non più con le armi ma a colpi di buon governo.

I comunicati dell’EZLN si sono diradati e i pochi che il comandante Marcos, a viso scoperto adesso, continua a redigere parlano un linguaggio diverso da quelli di antica memoria. “In questi anni ci siamo rafforzati e abbiamo migliorato significativamente le nostre condizioni di vita” si legge in uno degli ultimi. “Il nostro livello di vita è superiore a quello delle comunità indigene affini al governo di turno”, che detto per la cronaca è di nuovo quello del PRI, il Partito rivoluzionario istituzionale del nominato Zedillo, questa volta nella versione del giovane e pragmatico Enrique Peña Nieto. A differenza di quello che succede nelle comunità indigene di obbedienza governativa in quelle zapatiste “le donne non sono vendute come merce” rivendica Marcos, e gli stessi indigeni filogovernativi vanno negli ospedali, nelle cliniche, ricorrono ai laboratori zapatisti perché in quelli del governo non ci sono medicine, ne strumentazione e neppure dottori e personale qualificato.

C’è da dire che le lotte, quelle a base di marce sulla gigantesca Città del Messico, sono servite eccome. Mentre le comunità ossequienti al governo “ricevono elemosine e le scialacquano in alcol e articoli inutili” quelle zapatiste hanno ottenuto riconoscimenti legislativi in ordine all’autogoverno impensati in altri paesi dell’America Latina a maggioranza india, e piani economici e risorse che hanno permesso la nascita di cooperative di bestiame, artigianali, caffeicole, in un mix di proprietà privata e parcelle comunitarie tutto da studiare. Autonomia è altra parola chiave del nuovo vocabolario zapatista, che significa autogestione, controllo comunitario, responsabilità personale. “Un altro modo di fare politica”, si legge su un quaderno che espone i principi del buon governo del movimento degli ex-incappucciati. Il vecchio, stagionato, universale buon esempio insomma, che, con assonanze religiose, nel linguaggio moderno degli zapatisti viene chiamato nientemeno che vida nueva.

Un concentrato esemplare di tutto questo è la Escuelita zapatista del villaggio di Morelia, ad un centinaio di chilometri da San Cristobal de las Casas, il capoluogo del Chiapas che porta il nome dell’apostolo degli Indios. Per frequentarla – si legge all’entrata – ci vogliono tre requisiti: “indisponibilità a parlare e giudicare, disponibilità ad ascoltare e vedere, e un cuore al posto giusto”. Testi, insegnanti, orari, attività, tutto elaborato e deciso dal basso, come l’uso di quel che c’è attorno: un ospedale in costruzione, una clinica, un anfiteatro, negozi, mense, una bottega di calzature e altre piccole attività commerciali.

Periodicamente la Escuelita zapatista si apre- altra assonanza evangelica del “venite e vedete”- ai simpatizzanti di diversa nazionalità. Le domande affluiscono copiose; europei, statunitensi, asiatici e africani fanno la fila per trascorrere un paio di settimane nella scuola. Mentre partecipano alle “lezioni”, gli studenti vivranno presso una famiglia della comunità, faranno legna da ardere, puliranno le piantagioni comunitarie di caffè, lavoreranno nei campi di grano, accudiranno il bestiame, cucineranno con le loro mani e mangeranno con le famiglie ospitanti. E avranno momenti di meditazione. Meditazione e lavoro. Altra assonanza con l’ora et labora di conio francescano.

Con la Escuelita zapatista il movimento si propone la diffusione dell’organizzazione zapatista nel mondo. I movimenti degli indignati in Europa, ma anche quelli più recenti brasiliani hanno molto da imparare. E c’è, tra gli zapatisti, chi si spinge più in là: anche le primavere arabe, che sono avvizzite in governi autoritari.

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