IL PASSATO CHE NON PASSA. Si rinfocola il caso del massacro dei gesuiti in Salvador. Nella mira un ex-colonnello passato nelle fila dei guerriglieri al governo

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Il caso imbarazza il governo e la principale forza politica che lo sostiene, l’FMNL di vecchia militanza guerrigliera. È quello del colonnello López Morales, oggi consulente del Ministero della difesa e sponsor dichiarato del candidato nelle elezioni del prossimo anno, l’ ex-guerrigliero Sánchez Cerén, deputato a succedere a Mauricio Funes alla presidenza. All’epoca del massacro dei gesuiti nell’Università Centroamericana, la notte del 15 novembre del 1989, López Morales era tenente e dirigeva la Scuola militare quando il colonnello Guillermo Alfredo Benavides comunicò a un gruppo di ufficiali che c’era l’ordine di assassinare il sacerdote gesuita Ignacio Ellacuría “senza lasciare testimoni”. Operazione che venne puntualmente eseguita all’indomani e alla lettera, lasciando sul terreno, oltre a Ellacuria, anche altri cinque sacerdoti gesuiti, l’impiegata e la figlia. 22 anni dopo, nell’agosto del 2011, questa volta con il grado di colonnello, René Roberto López Morales aprì le porte della caserma che comandava ai 9 militari coinvolti nel massacro, quattro dei quali rei confessi: il soldato Óscar Mariano Amaya Grimaldi, che ammise di aver ucciso Ellacuría, Ignario Martín-Baró e Segundo Montes; il sergente Antonio Ramiro Ávalos Vargas, che confessò la morte degli altri due sacerdoti, Amando López e Juan Ramón Moreno, e il sergente Tomás Zárpate Castillo, che confessò di aver ucciso la domestica Julia Elba Ramos e sua figlia Celina. Sui nove pendeva un ordine di cattura internazionale della giustizia spagnola.Masacre jesuitas4

Tutto scritto in un documento confidenziale che lo stesso colonnello López Morales inoltrò ai superiori e la Commissione per la Verità che indaga sui crimini militari ha acquisito agli atti. Lo stesso colonnello López Morales ha ribadito in questi giorni a propria difesa di aver aperto le porte ai compagni d’arma per obbedire a “istruzioni superiori”.

Il caso del massacro, e il ruolo del colonnello, riproposto alla cronaca dal giornale salvadoregno El Faro, mette in difficoltà i vertici del FMLN che mentre guardano alle prossime elezioni si giustificano invocando la politica di riconciliazione che il presidente Mauricio Funes ha perseguito nel corso del suo mandato. “Il messaggio che vogliamo inviare è la riconciliazione, ed è questo che più conta” dicono dal FMLN; “il resto appartiene al conflitto,ma adesso siamo in tempo di pace”.

Un argomento che non convince José María Tojeira, per 12 rettore dell’Università Cattolica dove avvenne la matanza: “I militari sono coraggiosi quando devono uccidere civili, ma sono codardi quando è il momento di chiedere perdono” ha commentato a El Faro. José María Tojeira è stato provinciale dei gesuiti per l’America Centrale dal 1988 al 1995. Nel 1989, dopo il massacro nei locali della UCA, ha guidato il processo legale contro i membri delle forze armate del Salvador condannati come autori materiali del crimine. “Molti militari sono venuti per dichiarare sul caso dei gesuiti. Alcuni chiedono perdono, altri dicono che non potevano fare niente, altri si sono opposti… Se lui era lì ed è stato zitto, come dice il rapporto, è una persona senza etica. E il FMLN al nominare consigliere un militare così cade in una chiara contraddizione”. In un articolo pubblicato sul quotidiano salvadoregno Colatino Tojeira ha aggiunto che López Morales non ha contribuito alle indagini sul crimine: “Nella sua prima deposizione alla Commissione per la Verità risulta che dopo che Benavides ha informato di aver ricevuto l’ordine di uccidere, López Morales è andato a dormire, non ha visto e sentito niente. Non ha nemmeno riconosciuto, diversamente da altri ufficiali che si trovavano nella Scuola, che Benavides aveva trasmesso l’ordine di uccidere”.

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